lunedì 29 gennaio 2018

[Intervista] Vesper_Rain

Fammi strada, ti prego. Io non posso che seguirti.
Accetto da bere. Qualcosa di forte, sì.
Abbassa le luci, voglio godere di questo incontro con ogni senso, a partire dal profumo di liquore che ho tra le mani. La seduta è rigida, ma accarezza la mia guancia lo schienale così alto di velluto.
Fa' come fossi padrona di casa e, quando ti senti sicura, cominciamo.
1) Hai scelto la Passion Room. Abbi il coraggio di descrivere i più sinceri moti dell'animo che ti hanno permesso di essere qui oggi. Cosa posso imparare della tua personalità attraverso questo ambiente?

"Passione" è, forse, fra quei termini usati con maggior leggerezza in comunicazione, senza soppesarne appieno e compiutamente il significato. Significato peraltro duplice, perché può indicare sia un profondo stato di sofferenza e patimento, sia un inquieto, motivante e irrazionale "sentire", spesso accostato alle situazioni amorose e, paradossalmente, agli hobby.
"Quali sono le tue passioni?" "Il punto croce e andar per funghi!" ...dissacrante.
Purtroppo (o fortunatamente) è la passione a equilibrarmi, anche se sono consapevole di risultare una perfetta squilibrata.
Funziono per contrasti estremi, animata da un'inquietudine di fondo, perenne. Non conosco via di mezzo e fatico a maneggiare la diplomazia, sono raramente attratta da qualcosa (o qualcuno) ma quando accade mi ci immergo totalmente, fino a perdere il senno, e il sonno. Se ne vengo a capo, perdo istantaneamente ogni accorato moto dell'animo, cascando in fasi di emotività statica, inerte e atona.
Sostanzialmente, ho scelto la Passion Room perché al Cafè Littéraire non c'era il Reparto Psichiatria. 

2) Ti metto alla prova. Sapresti affascinarmi con una sola frase, come nessun altro saprebbe fare? 
"Terminare la lettura, chiudere finalmente il libro e riporlo con cura, sentendo d'aver compiuto un'esperienza necessaria": questo concetto accompagna il mio approccio alla lettura, qualora io m'immerga in un'opera che ritengo straordinaria, che leggo come sostitutivo dell'aria, che bramo di terminare e mi dolgo quando effettivamente termina.
A freddo, realizzo quanto mi ha lasciato, in cosa mi ha arricchita e come, tanto da voler rileggere quella stessa opera in tempi successivi, diversi, percependo il bisogno di ripetere "quell'esperienza necessaria".
Ambiziosamente confesso che tale concetto, vorrei il lettore sentisse altrettanto proprio leggendo qualcosa di mio, quando sarò meritevole di cotanta attenzione, cioè fra diecimila anni. 

3) Scegli con dovizia un episodio che hai raccontato nella tua opera e convincimi a leggerla attraverso di esso.

Il capitolo che sto per pubblicare, contiene un approfondito monologo, dal piglio distaccato, inconsueto e dissacrante, sul controverso tema del Bdsm. Chiunque ne sappia pressoché nulla, avrebbe un punto di vista straordinariamente onesto e disinteressato dal quale partire; chiunque ritenga di saperne molto e di praticarlo tantissimo, si sentirebbe oltraggiato e, probabilmente, mi aizzerebbe contro un'armata di barbari inferociti.
È un capitolo fondamentale, che scinde inesorabilmente il limite fra sentimentali cinquantasfumaturisti e seri professionisti del settore. La verità che sta nel mezzo, che sorprenda o deluda, sarà inevitabilmente scomoda. 

4) Sei mai stato in conflitto con uno dei tuoi personaggi? Di chi ha il volto? Se potessi a chi lo ricondurresti nella vita reale?

La mia storia è autobiografica, indicativamente direi all'ottanta per cento di quanto narrato. Ovviamente ho dovuto "romanzare" alcuni passaggi, censurarne molti altri, ho modificato nomi e location, alcuni incastri cronologici, i personaggi raccontati sono reali, chiaramente ho richiesto il loro benestare prima di pubblicare, pur in forma anonima.
Data la natura delle situazioni condivise (e soprattutto per via del mio carattere piuttosto escrementizio), i conflitti, con alcuni di loro, furono autentici, e nello scriverne il risentimento s'è presentato, straordinariamente tangibile e concreto.
Avrei potuto stravolgere tutto, manovrarli secondo il mio "potere letterario", porli in situazioni meno scomode ma li avrei snaturati, la mia riconoscenza nei loro confronti sarebbe stata meno appassionata. Ho scelto di raccontarli poco alla volta, di inserire le loro descrizioni fisiche e caratteriali muovendoli nel narrato senza forme elencanti, lasciando parte all'immaginazione e alla suggestione.
Indubbiamente il personaggio più complesso da trasmigrare in scrittura é Baker. Se proprio dovessi trovargli un sosia, si immagini Bruce Willis, metà molto british metà coatto, stronzo ma amabile, saggio ma stronzo.
"Stronzo" l'ho detto?
Legge la storia man mano che la pubblico, ho chiesto di non commentare nulla, di non palesarsi, di non farmi capire che ha letto.
Ma non ce la fa, deve mandarmi una faccina, un cosino, un dettaglino per farmi sentire in totale imbarazzo.
Una volta mi ha mandato l'icona di una cacca, mah, vai a sapere. 

5) Mostrami quanto può essere difficile scegliere la strada della scrittura. Quando è stata l'ultima volta che, inciampando, hai avuto il coraggio di rialzarti e perseverare su questa strada?

Oggi sto riscrivendo quella sorta di "romanzato diario" redatto anni fa e, per anni, lasciato a marinare come un qualcosa di scomodo, che mi trasmetteva addirittura una sorta di soggezione, di disagio. Ma "stava lì", in attesa di diventare necessario "per me".
Avevo il morboso bisogno di scriverlo e un costante blocco nell'approcciarvi.
Scoprire Wattpad mi ha letteralmente spronata, permettendomi due vantaggi di enorme motivazione: poter pubblicare in forma anonima argomenti scomodi e personali, e ricevere in real time il feedback di chi li leggeva.
L'indomani dei primissimi capitoli, in un primo fiorire di timidi consensi, un parere massacrante bocciò impietosamente il mio stile frettoloso e superficiale, la struttura dei dialoghi e la formattazione del testo. Istintivamente avrei chiuso tutto, l'ideale sarebbe stato anche poter prendere a badilate sui denti l'autore dell'incauto commento.
A freddo, riuscii a comprendere lo spirito costruttivo di quel consiglio, tentai di mettere in pratica quanto mi segnalava, dopotutto che avevo da perdere? Non mi stava consigliando di darmi al punto croce, bensì dei punti focali per migliorare qualcosa in cui, effettivamente, riconobbi di non esser competente.
Oggi so discernere un parere disinteressatamente costruttivo da un giudizio sprezzante, con l'obiettivo di rendere la mia opera perfetta, anche grazie ai consigli che ricevo e, perché no, tutelandola dai giudizi sprezzanti.
Renderla perfetta pur senza modificare il mio stile, che può non piacere ma è mio e, principalmente, per mio personalissimo bisogno scrivo.
Qualora un domani volessi scrivere per ricevere esclusivi inutili consensi, allora racconterò di Harry Styles che, cattivello, cozza per sbaglio contro le bocce di una qualche svampita bimbaminkia appena trapiantata a Gniù Iorke; la rapirà, la maltratterà nei modi più noiosi immaginabili lungo cinquanta capitoli scritti dall'IPhone, e vissero per sempre troppo happy, yeah! 

6) Per un solo giorno hai la possibilità di vivere all'apice della gloria, osannato e amato da chiunque. Quale sarebbe la primissima azione della giornata da condividere con il tuo pubblico?

Apice della gloria, osannato e amato da chiunque... Ergo, I've Got The Power!
Il potere rende spesso stupidi, specie se maneggiato sul breve da chi, fino a ieri, era 'stocazzo. Siccome temo proprio di essere 'stocazzo, in una situazione simile credo posterei sui maggiori social il peggior selfie, con bocce strategicamente in vista e duckface da manuale, corredato dall'altissimo valore culturale da qualcosa tipo "Buongiornissimo! Kaffé???"
Se invece mantenessi un minimo di sanità mentale, condividerei quello che sto leggendo, motivando il perché lo sto leggendo, cosa mi sta trasmettendo e inviterei il seguito a fare altrettanto.

7) Quale opera letteraria ha suscitato l'emozione più forte (positiva o negativa) che tu abbia mai provato?

Avevo quattordici anni quando mio padre mi regalò "Il pendolo di Foucault", di Umberto Eco. Si trattava d'un tomo immane, al solo impatto visivo lasciava intendere il peso dei suoi contenuti, contenuti che mi rapirono, sorpresero, incuriosirono morbosamente.
Eco intrecciò una sorta di giallo ad argomenti storici, esoterici, religiosi, miscelò la fantasia alla realtà, la razionalità al dubbio, approfondì nozioni altrimenti date per superficiali, insinuò il bisogno di "scoprire", appassionando e sconvolgendo, muovendo personaggi carismatici e dinamici in dialoghi brillanti, eruditi, trascinanti e vividi. Avanzavo in quella sapiente narrazione a occhi sgranati dall'ammirazione, mossa di passione e di autentico "bisogno".
Presto, quel libro si ritrovò costellato di segnalibri più o meno improvvisati, post-it neutri o riportanti appunti, non volevo tralasciare i dettagli più di valore e volevo potervi accedere a colpo sicuro qualora ne avessi sentito la necessità.
"Il pendolo di Foucault" fu il primo libro che mi trasmise il concetto di "esperienza necessaria", da allora ho perso il conto di quante volte ho voluto rileggerlo, tanto da ricordarne a memoria alcuni passaggi.
E ancora, sicuramente, lo rileggerò. 

8) Una parola per indicare ciò che vuoi suscitare nei tuoi lettori attraverso i tuoi scritti.

Rivalutazione.
Non voglio che una mia narrazione piaccia, vorrei invece che spronasse a prendere in considerazione l'idea di rivalutare un punto di vista. Non necessariamente modificarlo, attenzione, bensì "prendere in considerazione l'idea di", per magari poi addirittura riconfermare la propria posizione iniziale, ci mancherebbe. Tuttavia, almeno per un attimo, vorrei resettare preconcetti e pregiudizi, ambizione sarebbe abbatterli, immensa soddisfazione metterli anche solo temporaneamente in discussione.
Perseguo quest'obiettivo trattando esclusivi argomenti di cui ho nozioni certe e conoscenza approfondita, cercando di esporli nel modo più completo, comprensibile, accattivante (e provocatorio) possibile. 

9) Se potessi tornare indietro nel passato, metteresti in guardia te stesso da un evento particolarmente doloroso? 
No. Ho appreso che tutto ciò che impariamo attraverso il dolore resta segnante, impresso e temprante, maggiormente incidente rispetto a quanto incamerato in circostanze piacevoli.
Il dolore è un tramite, un filtro necessario, non per nulla si dice che valga più una brutta esperienza che un buon consiglio.
Umanamente parlando siamo più predisposti a rifuggire il dolore, vogliamo anestetizzarci, proteggerci, salvaguardare sorrisi, buon umore e invidiabile gioia di vivere, dimenticando quanto sia terapeutico piangere, cedere all'ammissione di essere umani, pertanto fallibili, fragili, emotivamente mobili eppure capaci di ripartire, nuovi, più forti, migliorati. Non perché necessariamente arricchiti, spesso il dolore toglie anziché aggiungere, ergo migliorati perché forgiati, evoluti, estrusi attraverso un filtro scomodo che però ci ricompatta, più solidi. 

10) Ultima domanda. Hai a disposizione una tela bianca e gli infiniti colori della tua vita per riempirla: quale sarebbe il colore predominante? Perché?

Il colore predominante sarebbe il rosso.
Istintivamente lo riconduco alla profondità così come all'immediatezza.
È femminile per ancestrali retaggi, fino a particolari scarlatti quali labbra e smalti.
È demoniaco, non per nulla il diavolo è nei dettagli e pare che sia femmina.
È puro, autentico, talvolta tanto da risultare disturbante, talvolta inevitabilmente attraente.
È l'eccesso, l'estremo, a seconda di cosa colora è ora eleganza, ora oltraggio.
Però occhio a indossarlo, va calibrato, come diceva Paracelso "è la dose che fa il veleno": da dark lady felina e fatale a milfona infoiata e mal pitturata "è n'attimo". 

Grazie infinite per il tuo tempo, Vesper_Rain, è stato un piacere conoscerti.

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