Nome della raccolta: Considerazzioni
Autore: Ben4You
Genere: Poesia
Valutazione: Ed io che sono
Lettura: 15 opere (le prime 10 consecutive, più 5 casuali)
Punteggio: 80/100
1) GRAMMATICA 10/10
Gli errori costituiranno dei semplicissimi centesimi. Dieci errori equivarranno a -1 punto, venti a -2 e così via. Una volta ottenuto il risultato, esso sarà arrotondato per eccesso e sottratto al punteggio pieno di 10.
Gli errori costituiranno dei semplicissimi centesimi. Dieci errori equivarranno a -1 punto, venti a -2 e così via. Una volta ottenuto il risultato, esso sarà arrotondato per eccesso e sottratto al punteggio pieno di 10.
CommentoIn "Ed io che sono" non sono state rilevate sbavature da un punto di vista strettamente ortografico o sintattico.
Punteggio
Ortografia = - 0 punti
Ortografia = - 0 punti
- Ortografia (errori evidenziati in numero)
Nessuna annotazione da fare.
Nessuna annotazione da fare.
- Sintassi (segnalazioni evidenziate in numero)
Nessuna annotazione da fare.
Nessuna annotazione da fare.
2) STRUTTURA FORMALE 26/30
Per ogni gruppo, verrà assegnato un punteggio in decimi, spiegato all'interno della valutazione. La somma del punteggio di ogni gruppo corrisponderà al voto finale per questo parametro.
Per ogni gruppo, verrà assegnato un punteggio in decimi, spiegato all'interno della valutazione. La somma del punteggio di ogni gruppo corrisponderà al voto finale per questo parametro.
- Grafica 8/10Due
universi. Ecco ciò di cui si prende cura l'autore nel testo: una
precisa, visibile, definita dualità. Nella struttura presentata in "Ed
io che sono", tale dualità appare prepotente, forte, decisa.
Innanzitutto vezzo grafico vuole che questa poesia sia stata centrata e che sia stata adoperata per la scrittura un più elegante corsivo, a dispetto di quanto ci si sarebbe aspettati per un testo tanto "saldo", fermo.
Quindi l'occhio bisogna si soffermi sulle prime due strofe, speculari; quindi due affermazioni, anch'esse tali; infine la dualità prende corpo in un solo e unico finale adagio: la fusione tra il due tipologie di dubbi, che trovano spazio sia nelle ipotesi universali che in quelle particolari, ora si trovano paradossalmente in perfetto equilibrio (per quanto in bilico: "su di me mal poggiati") sull'uomo stesso che dubita.
Direi che il senso grafico è stato piacevolmente centrato, riguardo la struttura visiva del testo attraverso la quale l'autore è riuscito ancora una volta a comunicare.
Innanzitutto vezzo grafico vuole che questa poesia sia stata centrata e che sia stata adoperata per la scrittura un più elegante corsivo, a dispetto di quanto ci si sarebbe aspettati per un testo tanto "saldo", fermo.
Quindi l'occhio bisogna si soffermi sulle prime due strofe, speculari; quindi due affermazioni, anch'esse tali; infine la dualità prende corpo in un solo e unico finale adagio: la fusione tra il due tipologie di dubbi, che trovano spazio sia nelle ipotesi universali che in quelle particolari, ora si trovano paradossalmente in perfetto equilibrio (per quanto in bilico: "su di me mal poggiati") sull'uomo stesso che dubita.
Direi che il senso grafico è stato piacevolmente centrato, riguardo la struttura visiva del testo attraverso la quale l'autore è riuscito ancora una volta a comunicare.
- Fonica 8/10Non
vi è la presenza di rime evidenti e suoni assonanti che lascino in
bocca la sensazione musicale della tipica filastrocca... eppure
musicalità la si sente quando l'autore accosta due strofe a segnalare
due domande, quando adopera figure retoriche d'elocuzione, ripetizione, a
sottolineare insistenti alcuni concetti altrimenti non così visibili
("ove forze... / ove tutto / ove forze... / ove nessuna...").
Il climax permette al lettore di entrare a mano a mano nel testo, visualizzando poco per volta le immagini. Esse vengono espresse con grazia e poca retorica, quand'anche al termine si arriva all'espressione più importante (dal punto di vista fonetico) di una assonanza, che diviene constatazione musicale sì piacevole all'orecchio: "Tra un eterno duraturo / e / un finito perituro."
Ecco la dualità che si esprime anche in questo parametro, emerge libera di infondere la sua esistenza, spronando il lettore a focalizzarsi non solo visivamente, ma anche auditivamente su di essa.
Il climax permette al lettore di entrare a mano a mano nel testo, visualizzando poco per volta le immagini. Esse vengono espresse con grazia e poca retorica, quand'anche al termine si arriva all'espressione più importante (dal punto di vista fonetico) di una assonanza, che diviene constatazione musicale sì piacevole all'orecchio: "Tra un eterno duraturo / e / un finito perituro."
Ecco la dualità che si esprime anche in questo parametro, emerge libera di infondere la sua esistenza, spronando il lettore a focalizzarsi non solo visivamente, ma anche auditivamente su di essa.
- Significato 10/10Come
abbiamo potuto appurare nei due precedenti parametri, la presenza di
una dualità – che va a stuzzicare il canale visivo e auditivo del
lettore – è estremamente evidente. Più che in ogni altro, essa si
esprime nel campo semantico, dove può raggiungere la sua massima
espressione. È qui che infatti è possibile saggiare il testo e farlo
proprio capendo ogni parola collocata e il suo corrispettivo nella
strofa successiva.
Così, palese è la contrapposizione dei primi versi delle prime due strofe: "Che sono le cose" e "Ed io che sono". La distribuzione evidente che si parte da un dubbio universale per poter poi traslarlo su se stesso, un concetto personale di dubbio (Cosa sono le cose? Ed io cosa sono?).
Così, palese è la contrapposizione dei primi versi delle prime due strofe: "Che sono le cose" e "Ed io che sono". La distribuzione evidente che si parte da un dubbio universale per poter poi traslarlo su se stesso, un concetto personale di dubbio (Cosa sono le cose? Ed io cosa sono?).
Seguitando a confrontare
i secondi versi delle due strofe, si coglierà visibile quasi marchiata a
fuoco la perpetua contrapposizione universale/personale: "in questo
universo di silenzi", "in questo spazio di emozioni". Concetti che per
quanto lontani da colui che parla mantengono comunque uno stato di
vicinanza intrinseca, data dagli evidentissimi dimostrativi "questo spazio", "questo silenzio" a scandirne un ritmo personale, appartenente a tutti, vicino a tutti.
E ancora "ove forze
dirompenti govenano / ove tutto consuma energia" e "ove forze dilanianti
mi albergano / ove nessuna forza possiedo"; quattro versi che
raccontano empiricamente l'impotenza dell'essere umano non solo nella
composizione universale delle cose, ma anche (e forse soprattutto) nella
composizione e formazione di se stesso. Una consapevolezza che annienta
e distrugge, un infinito dubbio che impedisce ai sensi instintivi più
"animali" di accettare una tal condizione. L'accettazione avverrà, ma
solo alla fine dell'intera opera.
Gli ultimi due versi
delle prime due strofe gettano infine l'uomo nella piena riflessione su
cui si incentra l'intero testo: "in questo infinito e certo spazio / in
cui sono ospitato?" e "in questo finito e precario posto / su cui sono
poggiato?". Denotare anche in tali interrogativi quanto sia
preponderante la presenza di una dualità del significato: a fronte di
una certezza della vicinanza ("in questo infinito e certo spazio / in cui sono ospitato?" e "in questo finito
e precario posto / su cui sono poggiato?") vi è contrapposta una totale
incertezza dei luoghi, dei fatti, della vita in generale ("in questo infinito e certo spazio / in cui sono ospitato?" e "in questo finito e precario posto / su cui sono poggiato?").
Ai dubbi seguono due
certezze (climax semantico ascendente verso una ritrovata luce): "Terra
di confine / è / la mia pelle" e "Tra un eterno duraturo / e / un eterno
imperituro" in una danza di significati, celati e mostrati, armonica e
definitiva. Un universo in un uomo solo ("Terra di confine / è / la mia
pelle"), il dubbio dell'universo sempre presente e pensato ("Tra un
eterno duraturo"), di cui si è sempre disquisito negli anni, nel tempo,
nei secoli: argomento che non troverà mai morte ("un eterno
imperituro").
L'accettazione sopraggiunge alla fine, quando l'uomo (che è soltanto
un uomo) constaterà che "Due universi di baratri / in effimero
equilibrio / su di me mal poggiati". La consapevolezza che l'universale
"esterno" non è altro che il proprio mondo interno, formato da quella
dualità di cui si parlava all'inizio e nella quale ci si perde a
pensare, anche solo per trovare una risposta al senso di se stessi...
della vita, dell'esistenza, della sincera volontà di competere con
qualcosa di infinito eppure eterno e di cui facciamo irrimediabilmente
parte tutti.
La risoluzione non è che
la presa di coscienza che è dentro di noi che alberga ogni baratro
emotivo, pensato, ma anche vero, vissuto, e che a comporre un essere
umano senziente e raziocinante non è solo ciò che è possibile
controllare, ma forse (certamente) tutto quanto è indefinitamente
prossimo all'incertezza.
3) CONTENUTO 24/30
Per ogni gruppo, verrà assegnato un punteggio in decimi, spiegato all'interno della valutazione. La somma del punteggio di ogni gruppo corrisponderà al voto finale per questo parametro.
Per ogni gruppo, verrà assegnato un punteggio in decimi, spiegato all'interno della valutazione. La somma del punteggio di ogni gruppo corrisponderà al voto finale per questo parametro.
- Chiarezza del messaggio 10/10L'autore,
per quanto mi concerne, ha inviato un messaggio estremamente forte
adoperando ogni mezzo a sua disposizione, che sia stato esso visivo,
melodico o retorico. Se l'intenzione è stata quella di instillare
sincero dubbio sulla realtà umana, ebbene egli ci è riuscito. Se
l'intenzione invece è stata di accompagnarsi al lettore in questa
altalena di emozioni a constatare la piccolezza di ognuno, poiché
tassello di qualcosa di indefinibile, ebbene anche in questo caso sembra
essere riuscito nell'intento. Non posso dire di non aver trovato spunto
di riflessione in "Ed io che sono", e nonostante sia una inveterata
antagonista della "d" eufonica, in questo caso specifico ho rilevato tal
licenza poetica perfino piacevole.
- Presenza di emotività 7/10Se
è vero che il messaggio è molto chiaro, è anche vero che la sua potenza
non è per tutti. È possibile che la portata emotiva (per quanto si
segua letteralmente il testo) si possa perdere, qualora non ci si
soffermasse qualche secondo di più su ogni verso. Ed è vero che tale
opera può essere motore di emozione, ma ai sordi e ai ciechi d'empatia
difficilmente arriverà il suo senso più profondo.
- L'autore nel testo 7/10L'autore
è presente quando invoglia il suo lettore a riflettere, a cercare
risposte in se stesso, a capire il testo e capire ciò che vuol
comunicargli... e realtà vuole che egli riesca a emergere in modo
sostanziale e in maniera eccezionalmente evidente soprattutto nelle
opere in dialetto romanesco: veraci, sincere, spontanee, vere e piene di
profonda sostanza. Assieme alla spinta iniziale, a queste si accosta
anche un sano senso di appartenenza.
Per questo motivo ho ritenuto "Ed io che sono" meno identificatrice del "Ben pensiero" di quanto invece non facciano quelle in dialetto.
Per questo motivo ho ritenuto "Ed io che sono" meno identificatrice del "Ben pensiero" di quanto invece non facciano quelle in dialetto.
4) CONTESTUALIZZAZIONE 6/10
- Contestualizzazione e filo logico della raccolta Cosa si evince del pensiero dell'autore attraverso le sue opere?
Mi sono posta questa domanda fin dall'inizio, a partire dalla lettura dell'introduzione. Poi andando avanti e tuffandomi nel pieno dei pensieri; quindi alla fine, satura di emozioni e "fatti" raccolti.
Mi sono posta questa domanda fin dall'inizio, a partire dalla lettura dell'introduzione. Poi andando avanti e tuffandomi nel pieno dei pensieri; quindi alla fine, satura di emozioni e "fatti" raccolti.
Ebbene, non ho rilevato
una reale volontà di inserire ogni poesia in un contenitore che ne
definisse l'argomento portante, e nemmeno un filo logico costante che ne
precisi (semanticamente o metricamente) il senso. Eppure, nonostante la
mancanza del tema portante, ho intuito un messaggio profondo e comune a
ogni scritto: c'è una forte tendenza alla valorizzazione del pensiero
ottimistico. Nulla è mai perduto e anche a fronte del più doloroso
raccoglimento dell'animo c'è la speranza che da esso si possa comunque
apprendere, crescere, migliorare. Infine, per quanto "Considerazzioni"
non sia una raccolta canonica di poesie, così come si è magari abituati a
leggerne, ho trovato che in ognuna il lettore sia invitato a
riflettere, a porsi domanda, a rispondere a un dubbio.
Colonna portante dell'intera esistenza di quest'opera, sono certa che l'autore abbia espresso in modo molto forte una volontà: "voglio
che tu ci sia, voglio che tu sappia fermarti, voglio che tu, lettore,
possa fermarti solo un minuto e cogliere ciò che più serve a te e me ne
dia considerazione finale".
5) COMMENTO PERSONALE 14/20
Il mio voto è un 7.
Ho riscontrato una genuina voglia di condividersi, soprattutto attraverso le opere in dialetto. Che poi, più che dialetto, quasi dovrei sentenziare vernacolo, vista l'affluenza di un gergo personale e sostanzialmente circoscritto: insomma, se proprio non si possiede quelle origini, risulta difficile immedesimarsi e comprendere a fondo la profondità di ogni singola specifica parola (anche se le note a pié pagina ci informano della traduzione corretta).
Perché il peso del significato di "core" per un uomo che è nato, vissuto cresciuto con le connotazioni emozionali che si è da sempre dato a quel termine, non sarà il medesimo di "cuore". Ed è giusto così.
In ogni caso io ci ho trovato una grande forza, nonostante le mie origini affondino le proprie radici in un'altra regione d'Italia. Ho comunque capito la forza che gli si voleva infondere, e mi sono arrivate più le poesie in dialetto... a tale occorrenza sono certa un motivo ci sia.
La verità è che la raccolta in sé (e ogni poesia che contiene) nasce per richiamare opinioni, punti di vista, sensazioni personali. Un nuovo modo di mettersi a nudo ed esporsi emotivamente senza nemmeno pensare di starlo facendo.
Un rapporto "psicolgo/psicanalizzato" sui generis che mi auguro perseveri in tale intenzione e che sostanzialmente mi è piaciuto molto.
Non mi resta che fare il mio in bocca al lupo a Ben4You del quale apprendiamo qualcosina anche solo leggendone in nick name... insomma ci sarà un motivo se è qui per noi, no?
Ho riscontrato una genuina voglia di condividersi, soprattutto attraverso le opere in dialetto. Che poi, più che dialetto, quasi dovrei sentenziare vernacolo, vista l'affluenza di un gergo personale e sostanzialmente circoscritto: insomma, se proprio non si possiede quelle origini, risulta difficile immedesimarsi e comprendere a fondo la profondità di ogni singola specifica parola (anche se le note a pié pagina ci informano della traduzione corretta).
Perché il peso del significato di "core" per un uomo che è nato, vissuto cresciuto con le connotazioni emozionali che si è da sempre dato a quel termine, non sarà il medesimo di "cuore". Ed è giusto così.
In ogni caso io ci ho trovato una grande forza, nonostante le mie origini affondino le proprie radici in un'altra regione d'Italia. Ho comunque capito la forza che gli si voleva infondere, e mi sono arrivate più le poesie in dialetto... a tale occorrenza sono certa un motivo ci sia.
La verità è che la raccolta in sé (e ogni poesia che contiene) nasce per richiamare opinioni, punti di vista, sensazioni personali. Un nuovo modo di mettersi a nudo ed esporsi emotivamente senza nemmeno pensare di starlo facendo.
Un rapporto "psicolgo/psicanalizzato" sui generis che mi auguro perseveri in tale intenzione e che sostanzialmente mi è piaciuto molto.
Non mi resta che fare il mio in bocca al lupo a Ben4You del quale apprendiamo qualcosina anche solo leggendone in nick name... insomma ci sarà un motivo se è qui per noi, no?
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