lunedì 23 aprile 2018

[Intervista] EmperorOfDisaster

Questa non è affatto una stanza "facile".
Ma regala l'opportunità di mettersi alla prova. E di stupire.
E io sono più che mai curiosa.
Dieci domande per te.
 
1) Questa è la stanza di coloro che hanno qualcosa in più da condividere rispetto a tutti gli altri; di coloro che, sapendolo, hanno il dovere di divulgarlo. Perciò dimmi, quanto sei adatto alla View Room? Cosa, di questa stanza, ha catturato la tua particolare essenza? E per quale motivo proprio tu ne saresti il naturale completamento?
 
Sono fin troppo adatto a questa stanza, o forse lo sono fin troppo poco: in fondo tutti, qui, tentiamo di spaccarci la testa a furia di scrittura, di sciovinare pensieri più o meno profondi e di renderli belli. Il problema in tutto questo è che, se non abbiamo un pubblico, difficilmente otteniamo un riconoscimento: scriviamo sempre per qualcuno, perché, se no, la nostra diviene celebrazione boriosa, altera ed empia di grandigia del nostro intelletto. Questo per asseverare con voce stentorea che non sarò io a reputarmi visionario, ma solo uno pseudo-tale.
D'altro canto, necessito anche di asserire che il pensiero creativo deve essere forgiato da quello critico, perché, se ciò non accadesse, si elargirebbero banalità stilistiche su banalità contenutistiche, il che costituirebbe la morte dell'Arte, e il mio compito è quello di deturparla solo per ricostruirla. "Con precisione chirurgica, il visionario sa di vedere qualcosa che agli altri è negato": si può fare ciò solo se si ha un pensiero critico, e io, ormai, tendo a distruggere tutto. Dopo aver distrutto, però, bisogna ricostruire: la guerra deve divenire mezzo, non fine. Solo con l'unione di creatività e criticità, si può costruire qualcosa di bello, perché creativo, e originale, perché critico. Almeno così credo.

2) A dimostrazione di ciò che ritieni essere, abbi il coraggio di delineare i tratti di una tua debolezza. Attenzione: non chiedo mi si decantino pregi mascherati subdolamente da difetti. Richiedo autentico coraggio, sincerità: che si riveli un punto debole, qualcosa che sia ostentatamente la penosa rappresentazione di se stessi. Qualcosa da cui tu stesso non potrai difenderti. 
 
Non credo nei difetti, davvero, perché tutto concorre alla creazione della persona, e le persone non hanno né pregi né difetti all'origine, bensì solo caratteristiche che mutano in pregi quando sono apprezzati dal prossimo e in difetti quando non vengono apprezzati dal medesimo: da un punto di vista psicologico, siamo solo fango nelle mani di qualcun altro.
Detto questo, ciò che mi contrista maggiormente è la mia sensibilità: vorrei tanto essere un cinico e freddo manipolatore come qualcuno mi dipinge; vorrei riuscire a esaminare tutto quello che mi circonda esclusivamente con acribia analitica; vorrei persino essere quel bastardo osceno che alcuni credono che io sia. Invece non sono nulla di tutto questo: sono solo una puttana dell'alfabeto che scrive perché dissociata dalla realtà.
Che poi la sensibilità è stata anche la mia condanna da un punto di vista letterario-filosofico: ormai tento solo di esplorare i recessi della mente umana, la qual cosa mi rende poco duttile a livello artistico. Ma va bene così: ho solo diciassette anni, e il tempo per destreggiarmi anche in altri stili ci sarà.

3) Qual è il genere letterario non ancora creato? Credi di essere in grado di strutturarne uno, all'avanguardia a tal punto da divenire precursore di uno stile tutto nuovo? Sai darmene dimostrazione? Lo spazio è tuo, hai carta bianca...
 
Per quel che afferisce al genere letterario nuovo, mi metti in difficoltà: siamo nani sulle spalle di giganti, in fondo, figli di un passato glorioso. Eppure sono fermamente convinto che non bisogni fermarsi qui: la Letteratura e L'Arte non sono ancora morte, solo assopite, stordite, tramortite. Proprio perché non credo in un contenuto che possa essere identificato come nuovo (tutto è già stato scritto, tutto è già stato detto), penso che bisogni puntare sull'estetica: lo stile e la lingua devono essere dominanti, ergersi in maniera marmorea sul contenuto, che, pur mantenendo una certa importanza, deve essere inferiore ai due elementi citati testé. Bisogna studiare la lingua e imparare a dominarla in tutti i suoi registri: io, banalmente, sto lavorando molto sul tentare di unire il barocchismo al realismo sporco.
Lo stile, per uno scrittore, è tutto, e, nel mio caso, mi piace parlare di "dispotismo stilistico", perché tendo a nobilitare tutto con sintagmi, accostamenti di parole sempre nuove, ricercando disperatamente la bellezza formale, senza dimenticare che la mia unica grande amante rimane la filosofia: bisogna, insomma, parlare di qualcosa che è già stato scritto in maniera nuova e, se possibile, ancora più bella, senza dimenticare di incanalare nelle parole una profondità contenustica che possa renderle degne della vera Letteratura. Inoltre, necessito anche di rimarcare come ciò che è già stato scritto possa essere rielaborato per essere adattato alle proprie ideologie. 

4) Esiste un personaggio all'interno della tua opera che non è stato capito esattamente come vorresti? Se sì, tale sua peculiarità è voluta?
 
L'arte è bella perché ambigua: affermare che un mio personaggio non è stato compreso sarebbe sbagliato e irrispettoso nei confronti dei lettori; affermare, al contrario, che un mio personaggio non è stato compreso come vorrei mi porterebbe a una lunga dissertazione relativa a quanto debbano capire i lettori da sé, a quanto debba essere lo scrittore a mostrare e addirittura a quanto vi sia bisogno di far comprendere il personaggio nella sua totalità - in fondo non ci comprendiamo nemmeno noi nell'insieme, e, se pensiamo di averlo fatto, è solo per rassicurarci. Un banale meccanismo per stare meglio con noi stessi. Ma, come ogni auto-convinzione, è una sicurezza fallace, dunque mendace.
Se posso essere sincero, non ho mai ricevuto opinioni negative sui miei personaggi, anche perché ho scritto l'epilogo solo di un romanzo dopo due anni e mezzo di lavoro, "Principe del Caos, Re del Cinismo, Imperatori del Disastro", e non lo giudico ancora concluso. Non ho ancora abbastanza materiale per rispondere a questa domanda. Chiedo venia.

5) "Non ho bisogno di imparare dai miei passi, perché..."
"Non ho intenzione di imparare dai miei passi, perché..."
"Non imparo dai miei passi, perché..."
Sapresti indicarmi tra i precedenti costrutti la miglior rappresentazione del tuo essere? Quella che maggiormente potrebbe delinearne i contorni. E ti prego, concludine il pensiero.
 
"Non ho bisogno di imparare dai miei passi, perché soffro di una boria ego-sintonica o semplicemente di un'incapacità di accettare ciò che sono stato per costruire qualcosa di migliore oppure penso di aver raggiunto una perfezione utopica, che, però, si rivela essere solo una distopia artistica".
"Non ho intenzione di imparare dai miei passi, perché ho paura di vedere di aver sbagliato e di affrontare la realtà, dunque soggettivo l'oggettivo"
"Non imparo dai miei passi, perché ho paura, ma lo accetto e lo riconosco"
Per quel che mi concerne, penso che la terza affermazione sia quella che più mi si addice: mi aggraderebbe molto asserire di essere uno che non ha bisogno di imparare dai propri passi, ma, avendo diciassette anni, ciò implicherebbe l'obito della mia poetica e del mio essere. Semplicemente ho paura di farlo: ho paura di vedere quanto porti al parossismo la forma, quanto esasperi il concetto stesso di Bello, il linguaggio, le parole, sfociando in un barocchismo distopico che porta con sé violenza nella sua forma più pura. E non dimentichiamoci che, ormai, penso solo a esplorare l'intimo della mente umana, a tentare di comprendere l'uomo nella sua totalità, nelle sue perversioni, nelle sue degenerazioni psicotiche, cataboliche, ego-distoniche o ego-sintoniche: ciò mi porta ad adeguare la parola al contenuto, come se, proprio nello spirito del Barocco, ricercassi una forma che possa adeguarsi alla grande miseria della Verità che ricerco. Non so.

6) Mostrami ciò che non sono in grado di vedere. Qualcosa che di te agli stolti, ma anche ai più preparati, comunque sfugge anche dopo un'analisi approfondita. 

Come detto prima, esaspero la parola solo per poter adeguare la bellezza della forma alla bellezza del contenuto che ricerco, e questo sfugge ai più, dato che, per la maggior parte, sono solo un egocentrico che pensa di saper scrivere, uno pseudo-scrittore vanaglorioso e pretenzioso, ma, davvero!, non sono nulla di tutto questo: sono il primo a distruggere ciò che scrivo, a trovare difetti; sono il primo a vivere in bilico tra crisi di ansia, attacchi di panico, momenti di crollo psicologico in cui vorrei solo sfasciarmi il cuore e altri in cui mi accorgo che non ho le palle per farlo. Sono fin troppo fragile. Se poi gli altri vogliono pensare che io sia un bastardo manipolatore egoriferito, che lo facciano.

7) Chi o cosa è stato per te maestro di vita? La base su cui si fonda la tua personalità artistica.
 
Non provo grande affetto nei confronti delle figure genitoriali, che, anzi, reputo la mia condanna maggiore, la qual cosa mi porta anche a volere distruggere il concetto stesso di famiglia, quello di matrimonio e persino quello di essere umano. Ma questa è un'altra questione e verrà affrontata in una trilogia teatrale a cui sto lavorando.
Venero due docenti di italiano che mi hanno segnato profondamente: la prima mi è stata accanto in un momento fin troppo complesso della mia esistenza, in cui indossavo sorrisi scavati e sciovinavo pseudo-esistenzialismi, ed è stata anche la prima ad apprezzare ciò che scrivevo; il secondo è un simpatico vecchietto di cui sono altamente innamorato e che vorrei solo mi abbracciasse tra le sue braccia e mi dicesse che mi vuole bene, pur sapendo che ciò non potrà accadere mai, sia perché lui è molto ligio al suo ruolo sia perché probabilmente ci perderemo di vista quando avrò terminato il liceo, dato che non mi sembra molto propenso a mantenere i contatti con i suoi alunni. In entrambi i casi, l'affetto è più che ricambiato, e il secondo, l'anno scorso, dopo a mala pena quattro mesi che ci conoscevamo, è venuto a dirmi che ero il suo alunno preferito. Poverino, l'ho fatto e lo faccio dannare! Che poi ci lanciamo amorevolmente frecciatine senza troppe seghe mentali è un'altra questione.
Da un punto di vista artistico, mi affascina il Maledettismo, a partire da Villon fino alla Scapigliatura; filosoficamente, amo l'etica stoica, il razionalismo di Cartesio, il semi-pessimismo antropologico di Pascal, il nichilismo di Nietzsche e, in generale, l'esistenzialismo tra Ottocento e Novecento. In realtà, sono pochi gli eruditi che non mi interessano: in un modo o nell'altro, si può sempre apprendere qualcosa da tutti.

8) Sei in grado di attrarre i tuoi lettori decantando le qualità della tua raccolta utilizzando però citazioni altrui? Sai vedere attraverso gli occhi degli altri?
 
Devo necessariamente saper vedere con gli occhi degli altri per sviluppare sia una visione oggettiva sia soggettiva, dunque critica e olistica. Ma non ho citazioni da declamare, dato che praticamente nessuno ha commentato la mia raccolta con un commento esegetico. Chiedo venia!

9) Partendo dal presupposto che in questa stanza scelgano di accomodarsi tutti coloro che, incompresi e ostacolati, abbiano perseverato nelle scelte a monte fatte poiché convinti di essere nel giusto, sapresti indicarmi quale spinta ti abbia mosso verso la scrittura e perché tale arte rispecchi meglio il tuo carattere? Avresti raggiunto i medesimi risultati se avessi avuto a disposizione null'altro che muto assenso?
 
Tutte le persone con un minimo di erudizione hanno sempre encomiato la mia scrittura, davvero: sono io quello che tende a distruggerla.
Perché scrivo? Sto solo tentando di trovare una strada per stare un poco meglio: in fondo l'ansia è uno specchio sfregiato, e lo Xanax è il feto della mia miseria. Ma va bene lo stesso.

10) Sei entrato in un cerchio autoriferito e periglioso. Hai scelto probabilmente di metterti a nudo onestamente, forse di mentire: non è mio interesse scoprirlo. Questa è la tua ultima domanda, sfruttala nel modo che maggiormente rispecchi l'autenticità del tuo talento.
Hai incontrato qualcuno in grado di gareggiare quale tuo pari al gioco della vita, ma tu credi di potergli dimostrare l'invitta superiorità che possiedi. Dimostralo anche a me, attraverso un gioco di scrittura che ti identifichi personalmente.

Pretendo di primeggiare nel mio campo, non di essere canone da reverire tacitamente, anzi, esigo che le persone mettano in crisi ciò che scrivo, che si facciano domande, che contestino: la mia scrittura tende al filosofico, ponendo in crisi certi valori della società contemporanea, ma non deve essere fine a se stessa, bensì - pur essendo stilisticamente ardita - deve essere un mezzo per interrogarsi sul mondo, con la consapevolezza che io sono l'eccesso contenutistico e formale.
Sono solo una distopia vestita da utopia, un'ucronia barocca. Sono solo un despota dello stile, un masturbatore del significato dei termini. Sono solo un prete frocio inginocchiato di fronte all'esistenza: lei è bellissima, ma io sono incapace di venerarla come dovrei. Sono solo un esteta denutrito: ho fame di Amore e di parole, perché l'Amore è ciò che non ho mai avuto e le parole sono fortezze incontaminate dalla corruzione, la mia salvezza mortifera e la mia anabasi salvifica. Siete tutti invitati al mio banchetto.
Intanto io vado a piangere deserti liquidi e a vomitare analogie: la sensibilità è stata la mia colpa e la scrittura è divenuto il modo per espiarla. Mi schianterò contro la realtà un altro giorno: per il momento preferisco proteggermi, scrivere di vita ed esplodervi nel cuore. Che poi scrivere così mi spaventa e mi fa solo stare male, ma va bene lo stesso: i vittimismi sono la mia tomba incrostata di saluti sabbiosi; il masochismo, il mio unico modo per sopravvivere. Però almeno sono vivo.
Se poi vogliamo anche una poesia scritta velocemente per l'occasione, ecco a voi degli endecasillabi sciolti, giusto perché aborro la rima con tutto me stesso, dato che addolcirebbe troppo il tutto:

Tetti di menti eccitate.
Si intessano vagiti di giganti
arsi dai pianti bambini di mondi
arrugginiti dai vespri piegati,
dai visi dirupati di uomini
come tetti di menti eccitate:
siamo solo maree di sospiri
che scavano un solco nel cūore.

E aggiungo anche che i due paragrafi che vanno da "sono solo un despota dello stile" a "però almeno sono vivo" saranno aggiunti alla mia nuova tragedia teatrale, "Vergini di vita", su cui sto lavorando e che verrà presto pubblicata su Wattpad: sono troppo carini! Grazie, cara, per avermi invitato, e grazie a voi che spenderete qualche secondo per leggere il tutto. :3  

Grazie infinite per il tuo tempo, EmperorOfDisaster, è stato onestamente interessante imparare a conoscere di te attraverso i tuoi testi.

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