Questa non è affatto una stanza "facile".
Ma regala l'opportunità di mettersi alla prova. E di stupire.
E io sono più che mai curiosa.
Dieci domande per te.
Ma regala l'opportunità di mettersi alla prova. E di stupire.
E io sono più che mai curiosa.
Dieci domande per te.
1) Questa è
la stanza di coloro che hanno qualcosa in più da condividere
rispetto a tutti gli altri; di coloro che, sapendolo, hanno il
dovere di divulgarlo. Perciò dimmi, quanto sei adatto alla View Room?
Cosa, di questa stanza, ha catturato la tua particolare essenza? E
per quale motivo proprio tu ne saresti il naturale completamento?
Sono fin troppo adatto a
questa stanza, o forse lo sono fin troppo poco: in fondo tutti, qui,
tentiamo di spaccarci la testa a furia di scrittura, di sciovinare
pensieri più o meno profondi e di renderli belli. Il problema in tutto
questo è che, se non abbiamo un pubblico, difficilmente otteniamo un
riconoscimento: scriviamo sempre per qualcuno, perché, se no, la nostra
diviene celebrazione boriosa, altera ed empia di grandigia del nostro
intelletto. Questo per asseverare con voce stentorea che non sarò io a
reputarmi visionario, ma solo uno pseudo-tale.
D'altro canto, necessito
anche di asserire che il pensiero creativo deve essere forgiato da
quello critico, perché, se ciò non accadesse, si elargirebbero banalità
stilistiche su banalità contenutistiche, il che costituirebbe la morte
dell'Arte, e il mio compito è quello di deturparla solo per
ricostruirla. "Con precisione chirurgica, il visionario sa di vedere
qualcosa che agli altri è negato": si può fare ciò solo se si ha un
pensiero critico, e io, ormai, tendo a distruggere tutto. Dopo aver
distrutto, però, bisogna ricostruire: la guerra deve divenire mezzo, non
fine. Solo con l'unione di creatività e criticità, si può costruire
qualcosa di bello, perché creativo, e originale, perché critico. Almeno
così credo.
2) A
dimostrazione di ciò che ritieni essere, abbi il coraggio di
delineare i tratti di una tua debolezza. Attenzione: non chiedo mi
si decantino pregi mascherati subdolamente da difetti. Richiedo
autentico coraggio, sincerità: che si riveli un punto debole,
qualcosa che sia ostentatamente la penosa rappresentazione di se
stessi. Qualcosa da cui tu stesso non potrai difenderti.
Non credo nei difetti,
davvero, perché tutto concorre alla creazione della persona, e le
persone non hanno né pregi né difetti all'origine, bensì solo
caratteristiche che mutano in pregi quando sono apprezzati dal prossimo e
in difetti quando non vengono apprezzati dal medesimo: da un punto di
vista psicologico, siamo solo fango nelle mani di qualcun altro.
Detto questo, ciò che mi
contrista maggiormente è la mia sensibilità: vorrei tanto essere un
cinico e freddo manipolatore come qualcuno mi dipinge; vorrei riuscire a
esaminare tutto quello che mi circonda esclusivamente con acribia
analitica; vorrei persino essere quel bastardo osceno che alcuni credono
che io sia. Invece non sono nulla di tutto questo: sono solo una
puttana dell'alfabeto che scrive perché dissociata dalla realtà.
Che poi la sensibilità è
stata anche la mia condanna da un punto di vista letterario-filosofico:
ormai tento solo di esplorare i recessi della mente umana, la qual cosa
mi rende poco duttile a livello artistico. Ma va bene così: ho solo
diciassette anni, e il tempo per destreggiarmi anche in altri stili ci
sarà.
3) Qual è il
genere letterario non ancora creato? Credi di essere in grado di
strutturarne uno, all'avanguardia a tal punto da divenire
precursore di uno stile tutto nuovo? Sai darmene dimostrazione? Lo
spazio è tuo, hai carta bianca...
Per quel che afferisce
al genere letterario nuovo, mi metti in difficoltà: siamo nani sulle
spalle di giganti, in fondo, figli di un passato glorioso. Eppure sono
fermamente convinto che non bisogni fermarsi qui: la Letteratura e
L'Arte non sono ancora morte, solo assopite, stordite, tramortite.
Proprio perché non credo in un contenuto che possa essere identificato
come nuovo (tutto è già stato scritto, tutto è già stato detto), penso
che bisogni puntare sull'estetica: lo stile e la lingua devono essere
dominanti, ergersi in maniera marmorea sul contenuto, che, pur
mantenendo una certa importanza, deve essere inferiore ai due elementi
citati testé. Bisogna studiare la lingua e imparare a dominarla in tutti
i suoi registri: io, banalmente, sto lavorando molto sul tentare di
unire il barocchismo al realismo sporco.
Lo stile, per uno
scrittore, è tutto, e, nel mio caso, mi piace parlare di "dispotismo
stilistico", perché tendo a nobilitare tutto con sintagmi, accostamenti
di parole sempre nuove, ricercando disperatamente la bellezza formale,
senza dimenticare che la mia unica grande amante rimane la filosofia:
bisogna, insomma, parlare di qualcosa che è già stato scritto in maniera
nuova e, se possibile, ancora più bella, senza dimenticare di
incanalare nelle parole una profondità contenustica che possa renderle
degne della vera Letteratura. Inoltre, necessito anche di rimarcare come
ciò che è già stato scritto possa essere rielaborato per essere
adattato alle proprie ideologie.
4) Esiste un
personaggio all'interno della tua opera che non è stato capito
esattamente come vorresti? Se sì, tale sua peculiarità è voluta?
L'arte è bella perché
ambigua: affermare che un mio personaggio non è stato compreso sarebbe
sbagliato e irrispettoso nei confronti dei lettori; affermare, al
contrario, che un mio personaggio non è stato compreso come vorrei mi
porterebbe a una lunga dissertazione relativa a quanto debbano capire i
lettori da sé, a quanto debba essere lo scrittore a mostrare e
addirittura a quanto vi sia bisogno di far comprendere il personaggio
nella sua totalità - in fondo non ci comprendiamo nemmeno noi
nell'insieme, e, se pensiamo di averlo fatto, è solo per rassicurarci.
Un banale meccanismo per stare meglio con noi stessi. Ma, come ogni
auto-convinzione, è una sicurezza fallace, dunque mendace.
Se posso essere sincero,
non ho mai ricevuto opinioni negative sui miei personaggi, anche perché
ho scritto l'epilogo solo di un romanzo dopo due anni e mezzo di
lavoro, "Principe del Caos, Re del Cinismo, Imperatori del Disastro", e
non lo giudico ancora concluso. Non ho ancora abbastanza materiale per
rispondere a questa domanda. Chiedo venia.
5) "Non ho bisogno di imparare dai miei passi, perché..."
"Non ho intenzione di imparare dai miei passi, perché..."
"Non imparo dai miei passi, perché..."
Sapresti indicarmi tra i precedenti costrutti la miglior rappresentazione del tuo essere? Quella che maggiormente potrebbe delinearne i contorni. E ti prego, concludine il pensiero.
"Non ho intenzione di imparare dai miei passi, perché..."
"Non imparo dai miei passi, perché..."
Sapresti indicarmi tra i precedenti costrutti la miglior rappresentazione del tuo essere? Quella che maggiormente potrebbe delinearne i contorni. E ti prego, concludine il pensiero.
"Non ho bisogno di
imparare dai miei passi, perché soffro di una boria ego-sintonica o
semplicemente di un'incapacità di accettare ciò che sono stato per
costruire qualcosa di migliore oppure penso di aver raggiunto una
perfezione utopica, che, però, si rivela essere solo una distopia
artistica".
"Non ho intenzione di
imparare dai miei passi, perché ho paura di vedere di aver sbagliato e
di affrontare la realtà, dunque soggettivo l'oggettivo"
"Non imparo dai miei passi, perché ho paura, ma lo accetto e lo riconosco"
Per quel che mi
concerne, penso che la terza affermazione sia quella che più mi si
addice: mi aggraderebbe molto asserire di essere uno che non ha bisogno
di imparare dai propri passi, ma, avendo diciassette anni, ciò
implicherebbe l'obito della mia poetica e del mio essere. Semplicemente
ho paura di farlo: ho paura di vedere quanto porti al parossismo la
forma, quanto esasperi il concetto stesso di Bello, il linguaggio, le
parole, sfociando in un barocchismo distopico che porta con sé violenza
nella sua forma più pura. E non dimentichiamoci che, ormai, penso solo a
esplorare l'intimo della mente umana, a tentare di comprendere l'uomo
nella sua totalità, nelle sue perversioni, nelle sue degenerazioni
psicotiche, cataboliche, ego-distoniche o ego-sintoniche: ciò mi porta
ad adeguare la parola al contenuto, come se, proprio nello spirito del
Barocco, ricercassi una forma che possa adeguarsi alla grande miseria
della Verità che ricerco. Non so.
6) Mostrami
ciò che non sono in grado di vedere. Qualcosa che di te agli
stolti, ma anche ai più preparati, comunque sfugge anche dopo
un'analisi approfondita.
Come detto prima,
esaspero la parola solo per poter adeguare la bellezza della forma alla
bellezza del contenuto che ricerco, e questo sfugge ai più, dato che,
per la maggior parte, sono solo un egocentrico che pensa di saper
scrivere, uno pseudo-scrittore vanaglorioso e pretenzioso, ma, davvero!,
non sono nulla di tutto questo: sono il primo a distruggere ciò che
scrivo, a trovare difetti; sono il primo a vivere in bilico tra crisi di
ansia, attacchi di panico, momenti di crollo psicologico in cui vorrei
solo sfasciarmi il cuore e altri in cui mi accorgo che non ho le palle
per farlo. Sono fin troppo fragile. Se poi gli altri vogliono pensare
che io sia un bastardo manipolatore egoriferito, che lo facciano.
7) Chi o cosa è stato per te maestro di vita? La base su cui si fonda la tua personalità artistica.
Non provo grande affetto
nei confronti delle figure genitoriali, che, anzi, reputo la mia
condanna maggiore, la qual cosa mi porta anche a volere distruggere il
concetto stesso di famiglia, quello di matrimonio e persino quello di
essere umano. Ma questa è un'altra questione e verrà affrontata in una
trilogia teatrale a cui sto lavorando.
Venero due docenti di
italiano che mi hanno segnato profondamente: la prima mi è stata accanto
in un momento fin troppo complesso della mia esistenza, in cui
indossavo sorrisi scavati e sciovinavo pseudo-esistenzialismi, ed è
stata anche la prima ad apprezzare ciò che scrivevo; il secondo è un
simpatico vecchietto di cui sono altamente innamorato e che vorrei solo
mi abbracciasse tra le sue braccia e mi dicesse che mi vuole bene, pur
sapendo che ciò non potrà accadere mai, sia perché lui è molto ligio al
suo ruolo sia perché probabilmente ci perderemo di vista quando avrò
terminato il liceo, dato che non mi sembra molto propenso a mantenere i
contatti con i suoi alunni. In entrambi i casi, l'affetto è più che
ricambiato, e il secondo, l'anno scorso, dopo a mala pena quattro mesi
che ci conoscevamo, è venuto a dirmi che ero il suo alunno preferito.
Poverino, l'ho fatto e lo faccio dannare! Che poi ci lanciamo
amorevolmente frecciatine senza troppe seghe mentali è un'altra
questione.
Da un punto di vista
artistico, mi affascina il Maledettismo, a partire da Villon fino alla
Scapigliatura; filosoficamente, amo l'etica stoica, il razionalismo di
Cartesio, il semi-pessimismo antropologico di Pascal, il nichilismo di
Nietzsche e, in generale, l'esistenzialismo tra Ottocento e Novecento.
In realtà, sono pochi gli eruditi che non mi interessano: in un modo o
nell'altro, si può sempre apprendere qualcosa da tutti.
8) Sei in
grado di attrarre i tuoi lettori decantando le qualità della tua
raccolta utilizzando però citazioni altrui? Sai vedere attraverso
gli occhi degli altri?
Devo necessariamente
saper vedere con gli occhi degli altri per sviluppare sia una visione
oggettiva sia soggettiva, dunque critica e olistica. Ma non ho citazioni
da declamare, dato che praticamente nessuno ha commentato la mia
raccolta con un commento esegetico. Chiedo venia!
9) Partendo
dal presupposto che in questa stanza scelgano di accomodarsi tutti
coloro che, incompresi e ostacolati, abbiano perseverato nelle
scelte a monte fatte poiché convinti di essere nel giusto,
sapresti indicarmi quale spinta ti abbia mosso verso la scrittura e
perché tale arte rispecchi meglio il tuo carattere? Avresti
raggiunto i medesimi risultati se avessi avuto a disposizione
null'altro che muto assenso?
Tutte le persone con un
minimo di erudizione hanno sempre encomiato la mia scrittura, davvero:
sono io quello che tende a distruggerla.
Perché scrivo? Sto solo
tentando di trovare una strada per stare un poco meglio: in fondo
l'ansia è uno specchio sfregiato, e lo Xanax è il feto della mia
miseria. Ma va bene lo stesso.
10) Sei
entrato in un cerchio autoriferito e periglioso. Hai scelto
probabilmente di metterti a nudo onestamente, forse di mentire:
non è mio interesse scoprirlo. Questa è la tua ultima domanda,
sfruttala nel modo che maggiormente rispecchi l'autenticità del
tuo talento.
Hai incontrato qualcuno in grado di gareggiare quale tuo pari al gioco della vita, ma tu credi di potergli dimostrare l'invitta superiorità che possiedi. Dimostralo anche a me, attraverso un gioco di scrittura che ti identifichi personalmente.
Hai incontrato qualcuno in grado di gareggiare quale tuo pari al gioco della vita, ma tu credi di potergli dimostrare l'invitta superiorità che possiedi. Dimostralo anche a me, attraverso un gioco di scrittura che ti identifichi personalmente.
Pretendo di primeggiare
nel mio campo, non di essere canone da reverire tacitamente, anzi, esigo
che le persone mettano in crisi ciò che scrivo, che si facciano
domande, che contestino: la mia scrittura tende al filosofico, ponendo
in crisi certi valori della società contemporanea, ma non deve essere
fine a se stessa, bensì - pur essendo stilisticamente ardita - deve
essere un mezzo per interrogarsi sul mondo, con la consapevolezza che io
sono l'eccesso contenutistico e formale.
Sono solo una distopia
vestita da utopia, un'ucronia barocca. Sono solo un despota dello stile,
un masturbatore del significato dei termini. Sono solo un prete frocio
inginocchiato di fronte all'esistenza: lei è bellissima, ma io sono
incapace di venerarla come dovrei. Sono solo un esteta denutrito: ho
fame di Amore e di parole, perché l'Amore è ciò che non ho mai avuto e
le parole sono fortezze incontaminate dalla corruzione, la mia salvezza
mortifera e la mia anabasi salvifica. Siete tutti invitati al mio
banchetto.
Intanto io vado a
piangere deserti liquidi e a vomitare analogie: la sensibilità è stata
la mia colpa e la scrittura è divenuto il modo per espiarla. Mi
schianterò contro la realtà un altro giorno: per il momento preferisco
proteggermi, scrivere di vita ed esplodervi nel cuore. Che poi scrivere
così mi spaventa e mi fa solo stare male, ma va bene lo stesso: i
vittimismi sono la mia tomba incrostata di saluti sabbiosi; il
masochismo, il mio unico modo per sopravvivere. Però almeno sono vivo.
Se poi vogliamo anche
una poesia scritta velocemente per l'occasione, ecco a voi degli
endecasillabi sciolti, giusto perché aborro la rima con tutto me stesso,
dato che addolcirebbe troppo il tutto:
Tetti di menti eccitate.
Si intessano vagiti di giganti
arsi dai pianti bambini di mondi
arrugginiti dai vespri piegati,
dai visi dirupati di uomini
come tetti di menti eccitate:
siamo solo maree di sospiri
che scavano un solco nel cūore.
E aggiungo anche che i due paragrafi che vanno da "sono solo un despota
dello stile" a "però almeno sono vivo" saranno aggiunti alla mia nuova
tragedia teatrale, "Vergini di vita", su cui sto lavorando e che verrà
presto pubblicata su Wattpad: sono troppo carini! Grazie, cara, per
avermi invitato, e grazie a voi che spenderete qualche secondo per
leggere il tutto. :3
Grazie infinite per il tuo tempo, EmperorOfDisaster, è stato onestamente interessante imparare a conoscere di te attraverso i tuoi testi.