venerdì 12 dicembre 2014

Paciocchi al Cafè Littéraire

L'appuntamento di oggi al Cafè Littéraire è un po' particolare! Sì perché io non potrò gustarmelo appieno assieme a voi!
Come perché? Eh, perché io non ci sono!
Diciamo che manco ormai da dieci giorni dall'Italia (come chi mi ha seguito finora avrà capito da alcuni felini post!) e la tragedia è che non potrò godermi in diretta la faccia della mia ospite! 
Ammetto che c'è forse qualcosa di freudiano nella passione che si è sviluppata con il tempo per lei! C'è qualcosa che l'avvicina in maniera impressionante a quei "dolci pregi-buffe manie" che possiede il compagno della mia vita! Ancora oggi quando ci penso mi vien da ridere, perché hanno alcune caratteristiche sovrapponibili e qualche volta mi vien anche da pensare "cavolo, sono l'una la versione femminile dell'altro e viceversa!".
Eppure non è questo che mi ha avvicinato al suo blog! C'è qualcosa di suo, peculiare, qualcosa di personalissimo, che la rende unica nel suo genere! Lei è forte e cucciola insieme, è capace di enormi slanci di seria realtà, eppure ha una simpatia ch'è difficile non notare (e apprezzare, direi!)! Non ci crederà, ma nel suo piccolo è stata un esempio di perseveranza e coraggio per me. E' una stima che nasce prima per la persona e per le scelte di vita che ha portato avanti con determinazione, e poi per la blogger che sovente non manca di farmi ridere con quella sua marcata autoironia! Non a caso il suo blog si chiama Paciocchi di Francy! E quando si parla di "paciocchi" cos'è che vi viene immediatamente in mente? Cosa stuzzica la vostra immaginazione quando pensate a qualcosa (o qualcuno) che fa pasticci? Vi do un aiutino...
...è una dolce donna buffa nella quale tutte prima o poi ci siamo immedesimate!
Pecca di autostima ma lotta per riuscire a cambiare! E' simpatica come poche ed è La Sognatrice! Colei che alla fine esaudisce il sogno di una vita per tutte noi romantiche!
Ma sì... Bridget Jones!


Ed ecco che la mia ospite oggi incarna quella figura: dolce-dolce e piena-piena di pregi (che a volte non vede!)! Eccola che entra, si accomoda in questo salottino (che per l'occasione s'è vestito all'inglese) e fa da padrona portandovi le sue fantastiche Polpettine dolci!
Insomma, fate come foste a casa vostra! Francesca saprà intrattenervi meglio di quanto possiate immaginare...
...e con le mani zuccherose, godetevi questa traccia. Lasciate che la Bridget Jones ch'è dentro di voi (beh, dentro voi donne!!!) si sbizzarrisca invogliandovi ad usare un telecomando come microfono e cantare a squarciagola All by myself di Céline Dion!
Alla prossima!

When I was young I never needed anyone
And making love was just for fun
Those days are gone
Livin' alone I think of all the friends I've known
When I dial the telephone Nobody's home

All by myself Don't wanna be
All by myself Anymore

Hard to be sure Sometimes I feel so insecure
And loves so distant and obscure
Remains the cure

All by myself Don't wanna be
All by myself Anymore
All by myself Don't wanna live
All by myself Anymore

When I was young I never needed anyone
Making love was just for fun
Those days are gone



venerdì 7 novembre 2014

Cafè Littéraire in Baita

C'era una volta una ragazza con gli occhi blu che un giorno, girovagando tra le strade della rete, s'addentra in un bosco di www, saltellando tra html appena nati e fiorellini virtuali. In quella foresta incantata, annusando un profumino buono, segue la curva scoscesa che prende il sentiero e svolta l'angolo creato dalla collinetta. Laggiù a valle, circondata da violette e ciclamini, su un piedistallo a forma di torta color pastello c'è la Baita dei Dolci. La più bella che avesse mai visto.
La ragazza, affascinata dalle tonalità leggere dei colori, ma ancor di più dagli inebrianti profumi, decide di bussare e cercarne il proprietario. Così, tra un saltello e un altro, giunge alla porticina e chiama ad alta voce.
Dall'interno provengono risa e divertimento, così le sembra di avere già troppo disturbato, quando all'improvviso con una vocina candida, un piccolo principino educato e con il nasino sporco di farina, le apre la porta e chiama la sua mamma. La Regina della Baita arriva con i suoi lunghi capelli scuri, accogliendo la giovane con mani e braccia allargate: un segno generoso. La povera inesperta s'accorge che in quel mondo incantato si preparano sogni, s'impastano creatività e fantasia e s'infornano certezze. I due padroncini di casa, così dolci e affaccendati, le offrono una fetta di torta, poi la crostata, un biscottino croccante su cui spalmare una cremina cremosa color ambra. Ad ogni assaggio una scoperta, ad ogni morso un tripudio.
Ora sa cosa fare. Ha capito cosa nella vita vuole diventare. E così, annotando mentalmente la miriade di nuovi ingredienti scoperti e salutando la bella regina e i suoi due principini, si avvia percorrendo una nuova strada saporita. Ogni tanto si volterà indietro, già lo sa, qualche volta ritornerà per sentirsi di nuovo coccolata, è una certezza.
Passano i giorni e la ragazza dagli occhi blu decide ch'è arrivato il momento di esaudire il proprio sogno: riuscire ad infondere la medesima serenità attraveso i suoi scritti. Così come la Regina della Baita era capace di ammaliare con frutta, uova e farina, anche lei aspirava ad affascinare attraverso descrizioni, storie e letteratura.

Apre gli occhi e il suo Cafè Littéraire è lì palpabile, luminoso e vivo!

Il mio desiderio, grazie alla partecipazione delle blogger speciali che mi hanno accompagnato finora, è realtà.
Come avrete già immaginato, la dolcissima ospite che sta ora entrando dalla porta con un vassoio colmo di banane caramellate è Vanessa de La Baita dei Dolci! Ho avuto il piacere di conoscere questa donna fantastica quando ancora non sapevo cosa fossero le fave di cacao. Successivamente grazie ad un caso fortuito, ho potuto conoscerne la consistenza e il profumo intenso.
E' stato però quando ho capito di poter unire arte letteraria e arte culinaria che ho pienamente inteso una ricetta che lei aveva pubblicato unendo alla pasta fatta in casa le odorosissime fave!
Questo angolino è nato proprio in questo modo!
E se avete prestato attenzione alla storia che vi ho raccontato ad inizio post, avrete anche inteso che Vanessa è stata Musa due volte!
Il mio grazie glielo scrivo abbinandola ad un libro che ho amato tanto, ma che ho scoperto da relativamente poco. Alla Regina della Baita dedico un frammento tratto da La regina dei castelli di carta di Stieg Larsson, il terzo libro della trilogia Millennium.
Buona lettura... e suvvia, non siate timidi, assaggiate anche voi!

Lisbeth Salander stava studiando la presa d'aria nella sua stanza d'ospedale chiusa a chiave quando sentì la chiave girare nella serratura e vide entrare il dottor Anders Jonasson. Erano le dieci passate della sera di martedì. Il dottore interruppe l'elaborazione del suo piano di fuga dal Sahlgrenska.
Aveva misurato la presa d'aria e verificato che la sua testa poteva entrarci, e che non avrebbe avuto grossi problemi a farci passare anche il resto del corpo. Era al terzo piano, ma una combinazione di lenzuola tagliate a strisce e un cavo di tre metri recuperato da una lampada a terra avrebbe risolto il problema.
Aveva pianificato la fuga passo per passo. Il problema erano i vestiti. Aveva solo le mutande e la camicia da notte dell'ospedale e un paio di sandali di plastica che si era fatta prestare da un'inserviente. Ma aveva duecento corone in contanti che Annika Giannini le aveva dato perché potesse farsi portare le caramelle dal chiosco dell'ospedale. Sarebbero bastate per comperare un paio di jeans e una maglietta in qualche negozio di indumenti usati, purché fosse riuscita a localizzarne uno a Göteborg. [...] Poi tutto si sarebbe risolto. Aveva in programma di atterrare a Gibilterra qualche giorno dopo la fuga, e di costruirsi una nuova identità in qualche angolo del mondo.

Da La regina dei castelli di carta, pag. 371, di Stieg Larsson

venerdì 3 ottobre 2014

Cafè Littéraire ...a tutto pepe!

Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere
(Daniel Pennac)



Lost in a Book on Pinterest
Complice il voler proporre un'introduzione interessante a questo primo appuntamento autunnale del Cafè Littéraire, una domanda che sta angustiandomi è "perché si legge?".
Forse non mi sono mai soffermata sul perché io lo facessi, né tantomeno mai nessuno me l'ha chiesto! Tornandoci su più e più volte in questi ultimi giorni, mi sono detta che le miriadi di risposte che possono nascere dipendono dalla persona, dal suo carattere, dalla sua educazione. Dalla sua età. E' ovvio che anche l'ambiente, la cultura, il tempo storico, la predisposizione del momento, il tempo meteorologico e chissà quali altre infinite variabili potrebbero influenzarne l'esito.
Quindi vi chiedo di fermarvi un attimo e porvi questa domanda...
Ebbene? Quale risposta siete riusciti a darvi?
Io vorrei conoscerla, ne sono curiosa. Così come curioso è stato conoscere il mio motivo.
Io non leggo perché sento la necessità di evadere dalla mia realtà. Non leggo per compiacere qualcuno. Certo, in questo momento non leggo per apprendere in senso stretto, semmai solo per piacere.
Non mi sento di rispondere che leggo perché fa "moda" o fa "fico" o semplicemente per scrivere qualcosa nel mio salotto letterario (sic!)!
Eppure, mi direte, quando ci si tuffa in quelle pagine piene di tempo e luoghi sconosciuti, un po' si deve evadere dalla propria vita. Quando le parole scivolano via più veloci del tempo, si compiace se stessi, si apprende sicuramente qualcosa che prima ci era sconosciuto e, perché no, lo si condivide con qualcuno, alla fine!
La fortuna è questa. Capire che la lettura può. Ha un potere che va oltre ciò che si realizzi. E nonostante si creda ch'è una pratica che ci impegna "da soli", invece a volte unisce e sorprende.
E' per questo che leggo. Per ritrovare me stessa nelle parole di qualcun altro e sapere che grazie ad un'armonia sconosciuta posso essere legata ad infinite persone che mai incontrerò!
Oggi è quel caso.
Oggi accanto a me c'è una splendida donna che gioca con l'arte.
Lei riflette, soppesa, studia ogni sfumatura e poi... e poi... abbina!
Così come si abbinano i colori nei vestiti, così com'è bravo un pittore a sfumare le onde del mare con innumerevoli verdi e blu, Michela, nel suo angolino A tutto pepe..., unisce letteratura e arte culinaria amalgamandoli perfettamente! Non vi stupirà, infatti, andarla a trovare e scoprire che anche oggi ha meravigliosamente raggiunto un connubio perfetto!
Si accomoda con me ed io, per renderle compito arduo, le propongo un estratto d'altri tempi, una scorrevolezza gentile ed elegante... come mai s'è potuto (e mai mi era capitato) di legger Pirandello, oggi offro a lei l'opportunità di abbracciare parole centenarie, sapendo che anche in questo caso non mi deluderà!
Voi, intanto, godetevi l'estratto e assaggiate il Gâteaux au chocolat.


<<M'amerà!... m'amerà!...>>, si ripeteva ora Giulio Accurzi, uscendo dalla casa della sua promessa sposa. Egli l'avrebbe vinta a poco a poco, cingendole l'anima di dolce e silenzioso assedio, spiandole negli occhi e sulle labbra ogni desiderio, ogni accenno di desiderio. L'avrebbe vinta colla sua sommissione, senza mai urtare i sentimenti di lei,  né tentar mai apertamente di penetrarle nel cuore; così, con l'alito soltanto della sua passione, il cui ardore man mano avrebbe ridato, ne aveva fiducia, il roseo colorito e la prima gajezza a quel freddo e pallido volto. L'avrebbe vinta...

Bisognava, innanzi tutto, aver pazienza. Il tempo ajutato, nudrito dalle sue cure amorose, doveva un po' per volta cancellar da quel cuore l'imagine d'un altr'uomo. [...]
Giulio Accurzi inviava ad Agata fiori ogni mattina, prima ch'ella si levasse di letto: ora un grand'involto di rose sciolte, in un fazzoletto bianco, di seta; ora un canestro di gardenie; ora un gran cappello di paglia da contadini con fiori di campo... E cominciò a presentarle i primi regali: anelli, bracciali, spille... Ella li accettava confusa, senza espressioni sincere né di gradimento, né d'ammirazione; li toglieva con mano tremante dalle ricche scatole, e lasciava che la madre si profondesse in meraviglie. Agata gli dava ancora del lei.
- Così no... non voglio più esser ringraziato... - si spinse egli a dirle finalmente.
- Ebbene, ti ringrazio - fece ella, chinando leggermente la testa e sorridendo appena.

Da Amori senza amore - L'onda, pagg. 37-38, di Luigi Pirandello

venerdì 5 settembre 2014

Una gatta al Cafè Littéraire

Gli inizi.
Gli inizi sono sempre stati i momenti più speciali nella mia vita.
L'inizio della scuola, l'inizio delle estati al mare, l'inizio di una nuova relazione piena di promesse. L'inizio della convivenza. Sì, insomma, è la parte più dolce... quella che ci fa vedere il bello, il "ciò che potrebbe essere". Lo stato delle possibilità: quelle da cogliere o strappare alla vita, quelle da assaporare perché conquistate, quelle giunte a sorpresa per pura fortuna.
Eccoci, quindi, a questo nuovo inizio di stagione.
Settembre: il mese dell'uva e delle piogge.
Almeno, prima era così.
Oggi splende il sole, l'aria è frizzante e profuma ancora d'estate. Si fa fatica a mettere via le creme saporite doposole e si incespica pensando di dover riprendere il lavoro o la vita quotidiana. In fondo, lì fuori il cielo è terso e i gabbiani urlano di gioia chiamandoci come le sirene chiamavano Ulisse!
Il nuovo inizio di oggi è per questo angolino della letteratura. Il mio Cafè Littéraire apre le imposte, spolvera i tappeti e lucida il parquet... le tende si gonfiano come vele davanti alle portefinestre aperte a indicarci che è qui e ora che dobbiamo navigare. E' questa la strada.
Bentrovati, amanti delle parole che danzano! Benrientrati, fanatici della carta che profuma di spezie e fantasia! Benvenuti a tutti quelli che vogliono lasciarsi cullare da versi sconosciuti!
Come sempre c'è un ospite importante a farmi compagnia e come sempre lascerò che vi si presenti con garbo, ammaliandovi tutti!
L'ho conosciuta in un periodo di profonde "rivisitazioni" interiori. Sì, perché circa sei mesi fa cominciavo la ricerca di qualcosa che potesse suscitare in me nuovi interessi!
La mia vita a mano a mano mutava e così la voglia di incontrare nuovi gusti, sapori, profumi, colori.
Lei è una foodblogger e l'ho scoperta da pochi mesi, ma la passione che con naturalezza ha sempre trasmesso ai suoi piatti, ha fatto sì che ne rimanessi sempre incantata. Ho imparato cosa significano parole come tahina e labna, ora so cosa sono i semi di chia e le bacche di goji, posso dire con orgoglio di conoscere il sapore della salsa di soia e di essere ben propensa ad assaggiare il seitan, ma su tutti i norimaki e l'onigiri (che, buonissimi, li immaginavo da bambina guardandoli nei cartoni animati giapponesi)!
Lascio le presentazioni a fra poco perché mi piacerebbe invece spendere due parole per l'autore che ho deciso di abbinare alla mia amica "gatta".
Il torinese Alessandro Baricco. Autore controverso ed eclettico, con orgoglio e senza fatica, è entrato nella Top Five degli scrittori che stilisticamente prediligo. Un appunto devo però assolutamente farlo: ritengo che le sue opere debbano essere necessariamente recensite in modo soggettivo. Non c'è un'unanimità di pubblico che accoglie le sue produzioni, per questo motivo mi permetto di affermare che il mio Baricco è perfetto.
Fresco e luminoso. Una boccata di aria pulita e piccante nel panorama della letteratura italiana post moderna. Ciò che vi propongo oggi è un frammento tratto dalla sua prima opera Castelli di Rabbia. Non vi consiglierò di acquistare questo libro. Non vi consiglierò nemmeno di leggerlo. Dalla mia bocca sentirete uscire solo parole come "procuratevelo immediatamente, rubandolo se necessario" e "adoratelo, perché non potrete fare diversamente".
Castelli di Rabbia mi ha letteralmente lasciato senza fiato. La sensazione che si ha al termine di una lunga corsa, quando i polmoni sono indolensiti e chiedono insistentemente aria. Ecco. E' così che mi son sentita. Quel compagno di viaggio mi ha lasciata invischiata nella mia quotidianità, sapendo che non avrei più potuto uscirne. Tra l'altro è un libro che bisogna leggere una sola volta e bene. Un libro da "buona la prima". Sì, perché accumula senso, a mio parere, solo così.
Ora però la smetto di portare avanti queste inutili retoriche, accolgo Valeria (Angie) di Una gatta in cucina e mi accomodo con lei nella stanza "equilibratamente" zen che ho approntato solo per lei.
Lei che mi ha portato la Pastilla come contorno a questa giornata assieme e da assaporare durante la lettura e in tema con "l'essere presenti qui ed ora".
Accomodatevi e gustatevi queste non convenzionali opere.

Pinterest
C'è la luce, tutt'intorno, della sera. Il sole ti piglia di fianco, quand'è così, è un modo più gentile, si coricano le ombre a dismisura, è un modo che ha dentro qualcosa di affettuoso - ciò forse spiega com'è che, in generale, sia più facile pensarsi buoni, la sera - quand'invece a mezzogiorno si potrebbe anche ammazzare o peggio: pensare di ammazzare, o peggio: accorgersi che si potrebbe anche essere capaci di pensare di ammazzare. O peggio: farsi ammazzare. Così. [...]
Eppure, per quanto indubitabilmente sia meravigliosa la luce della sera, c'è qualcosa che ancora riesce ad essere più bello della luce della sera, ed è per la precisione quando, per imcomprensibili giochi di correnti, scherzi di venti, bizzarrie del cielo, sgarbi reciproci di nubi difettose, e circostanze fortuite a decine, un vera collezione di casi, e di assurdi - quando, in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. C'è il sole, il sole della sera, e piove. Quello è il massimo. E non c'è uomo, per quanto limato dal dolore o sfinito dall'ansia, che di fronte a un'assurdità del genere non senta da qualche parte rigirarsi un'irrefrenabile voglia di ridere. Poi magari non ride, veramente, ma se solo il mondo fosse un sospiro più clemente, riuscirebbe a ridere. Perché è come una colossale e universale gag, perfetta e irresistibile. Una cosa da non crederci. Perfino l'acqua, quella che ti casca sulla testa, a minute gocce prese di infilata dal sole basso sull'orizzonte, non sembra neanche acqua vera. Non ci sarebbe da stupirsi se ad assaggiarla si scoprisse che è zuccherata. Per dire. Comunque acqua non regolamentare. Tutt'una generale e spettacolare eccezione alle regole, una grandiosa presa per il culo di qualsiasi logica. Un'emozione. Tanto che tra tutte le cose che poi finiscono per dare una giustificazione a questa altrimenti ridicola abitudine di vivere certo figura anche questa, in cima alle più nitide, alle più pulite: esserci, quando in quella luce irripetibile che è la luce della sera, inopinatamente, piove. Almeno una volta, esserci.

Da Castelli di rabbia, pagg. 26 e 29, di Alessandro Baricco.

sabato 26 luglio 2014

Cafè Littéraire nell'Angolo del Gusto

Quando ho chiesto alla bella blogger che ospito oggi di preparare un post 'condito' di letteratura, mai avrei immaginato di accogliere dentro di me un'idea. Un'idea martellante che è salita a galla con il passare del tempo e che poi finalmente si è concretizzata in una di queste ultime giornate di sole, complice un delicatissimo fiore.
Mentre sfogliavo a caso alcuni dei miei libri più cari, improvvisamente prendendone uno, è scivolato cadendo a terra un piccolo stelo essiccato di quella che fu una mimosa. E' stato quello l'attimo esatto in cui si è materializzata in me la figura che avevo deciso di abbinare alla mia ospite.
Non voglio anticipare, né perdermi in ulteriori parole che potrebbero lasciar sfumare questo splendido connubio, ma lascerò parlare i versi che ho scelto - grazie al caso - per voi.
Concorderete con me sulla evidente somiglianza tra Mary di Dafne's Corner "il Gusto", che si è appena accomodata sul divano accanto a me, e la protagonista di questo stralcio che state per leggere! Naturalmente non ci facciamo mancare nulla e a contorno di una fantastica giornata di sole, gustiamo insieme i Crackers alla robiola e limone che Mary ha preparato con le sue dita agili...
...e mentre mi servo - cracker in una mano, calice di cocktail nell'altra - tengo in bilico sulle gambe incrociate il mio La fata carabina di Daniel Pennac, un libro dai sapori pungenti. Secondo della pentalogia dei Malaussène, forse è quello con un ritmo incalzante fortemente imprevedibile. Sì, perché questo autore lo si ama o lo si odia, poco convenzionale nei contenuti, arriva dritto al centro del cervello in quella parte strettamente collegata al cuore.
Non mancherò di regalarvi altri spunti in merito. Buona lettura!

Erano ormai quattro giorni che la giovane donna trovata nella chiatta dormiva profondamente.
"Se non è una puttana, bella signora, chi è mai?"
Pastor era inginocchiato al suo capezzale. E mormorava, nel silenzio della stanza d'ospedale, sperando che lei avrebbe udito l'eco di quel mormorio in un angolino del suo coma.
"E chi l'ha ridotta così?"
Non era schedata come prosituta né data per scomparsa. Apparentemente, nessuno reclamava quel corpo sontuoso, nessuno si preoccupava di quell'esistenza vacillante. Pastor aveva esaurito tutte le risorse dell'informatica e degli schedari di cartone.
"Li ritroverò, sa. Erano almeno due."
Lei era irta di tubi. Riposava in un odore di conserva ospedaliera.
"Abbiamo già recuperato la macchina, una Bmw nera, dalle parti di place Gambetta."
Chino su di lei, Pastor le annunciava un po' di belle notizie. Di quelle che possono riportarti a galla.
"L'analisi delle impronte ci dirà molte cose."
Il bip rosso di un cubo metallico indicava che la donna stava pensando, ma da molto lontano. Il cuore batteva in modo irregolare, come quando si ama.
[...]
Pastor sorrideva nella penombra della stanza. Prese una sedia, l'accostò al letto e si sedette con calma.
"Bene. Ragioniamo."
Ora mormorava proprio nell'orecchio della dormiente.
"Lei si fa aprire la pancia e curare i denti all'estero. Con un po' di fortuna la composizione della sua capsula dentaria ci indicherà il paese. Le ipotesi quindi sono due."
(Si può interrogare chiunque, in qualsiasi situazione. E' raro che siano le risposte a dare la verità, più spesso è il concatenamento delle domande. [...])
"O è una bella straniera, massacrata in territorio francese, magari una spia, visto che l'hanno torturata, e allora il caso mi verrà tolto, perciò scarto subito questa ipotesi.
"Oppure è semplicemente una viaggiatrice di professione."
Pastor lasciò passare il rumore di ferraglia di un carrello nel corridoio, poi domandò:
"Professore con un incarico all'estero? (Fece una smorfia di scetticismo.) No, questo corpo non è un corpo da insegnate. Funzionaria d'ambasciata? Donna d'affari?"
Le forme ampie, i muscoli sodi, il viso volitivo evocavano al limite quest'ultima immagine.
"Neanche: i suoi uomini l'avrebbero cercata."
[...]
"Giornalista, allora?"
Giocherellava con questa idea, ora. Giornalista... reporter... fotografa... qualcosa del genere...
"Ma perché il suo giornale non avrebbe reclamato una così bella scribacchina, in caso di scomparsa?"
Percorse ancora una volta il suo corpo con lo sguardo. Bella ragazza. Bello scheletro. Bella faccia. Dita nervose e agili. Criniera naturale.
"Perché lei non è un'impiegatuccia della penna che giorno dopo giorno alimenta un quotidiano, né un reporter mondano che comunica via telefono articoli prefabbricati all'ora dell'aperitivo."
No, la vedeva piuttosto come giornalista di punta, del genere "presa diretta dulla realtà", che scompare per settimane per poi riapparire una volta chiusa l'inchiesta. Storica del pressente, etnologa dell'hic et nunc, la tipica ragazza che scopre quello che doveva rimanere nascosto. E vuole dirlo. In nome di un'etica della trasparenza.

Da La fata carabina, pagg. 75-77, di Daniel Pennac

venerdì 27 giugno 2014

Sweetie Cafè Littéraire

Dramma, dramma, dramma.
Ho invitato una Signora blogger nel mio Cafè Littéraire e son giorni che continuo a mordermi le mani perché non riesco a trovare il modo adatto di presentarla.
Il problema è lei... assolutamente! Non c'è dubbio alcuno! Mica io?
Troppa personalità... troppa! E' spiccatamente "sgranocchiosa", con quel retrogusto di zucchero non raffinato... ha il colore ambrato-oro del miele e il profumo pungente di zenzero e menta!
Nei capelli granellini di biscotti come polvere di stelle, nelle tasche briciole e sorprese. Gli occhi pieni di intenzioni, ideuzze e scintille!
Come si fa a presentare una tipa così? Come posso darle meritato omaggio se non con una buona dose di varietà, colore e frammenti speziati? 
La faccio accomodare sulla morbidissima poltrona di piume color panna o a terra sul tappeto tipo pic nic? Le verso del tè o le offro tre palline di gelato variegato? Che ansia!
L'unica certezza sarà presentarle le mie fuffole vestite a festa e cotonate per l'occasione...
Chi ancora non avesse inteso di chi sto parlando, corra immediatamente da
Sweetie's Home e si lasci travolgere da un mare di puro bianco, dall'immensità della sua luce e dalla sana dose di sorrisi che Manuela emana spontaneamente!
Lei, per l'occasione mi ha portato degli
Scones al Cioccolato Bianco! Goduria!
Ma prima di offrirli a voi tutti, mi piacerebbe vi tuffaste con me nel frammento di un'opera che adoro e che più d'ogni altra è stata capace di far crescere e maturare il mio cuore!
L'autore è Erich Segal e al Cafè di oggi mi piacerebbe leggervi un pezzettino di Dottori*!

*ATTENZIONE: per tutti coloro che non hanno letto questo libro ed hanno intenzione di farlo, è giusto sappiano che questo stralcio costituisce uno spoiler!


<<Io non ho mai avuto una vera fiducia in nessun uomo.>>
<<Però in me ce l'hai!>>
<<Sì, ma è diverso>>, rispose lei subito.
Rimasero di nuovo in silenzio.
Poi Barney domandò: <<Perché?>>
<<Perché cosa?>>
<<Perché sono diverso dagli altri uomini?>>
Lei non seppe che cosa rispondere. Tutto sommato, non ci aveva mai riflettuto seriamente.
No, certo che ci aveva riflettuto.
Alla fine disse: <<Non saprei, Barn. A quanto mi ricordo, tu sei sempre stata la persona più importante nella mia vita>>.
<<Però non hai risposto alla domanda, Laura. Per quale motivo sono differente dagli altri uomini?>>
Lei alzò le spalle. <<Suppongo perché siamo sempre stati... buoni amici.>>
Lui la guardò e poi le domandò a bassa voce: <<E questo preclude qualsiasi altra cosa, uhu?>>
Lei rimase in silenzio e Barney continuò:
<<Puoi dire in tutta sincerità di non aver mai pensato a noi due come... a una vera coppia? Io confesso di averlo fatto. Cioè, sono fantasie che ho sempre cercato di respingere, perché non volevo correre il rischio di perdere quella cosa tutta speciale che abbiamo...>>
Laura rise imbarazzata ma trovò ugualmente il coraggio di ammettere: <<Naturalmente anch'io ho avuto pensieri del genere. Cioè, ho passato la mia esistenza a spiegare a tutto il mondo il motivo per il quale eravamo semplicemente amici e non... mi capisci... amanti>>.
<<Il che significa che siamo in due. Però, Laura, non posso più farlo.>>
<<Cosa?>>
Lui le rispose con un'altra domanda.
<<Secondo te, chi di noi due pensi che sia il più spaventato?>>
La domanda era insapettata, però la risposta si trovava, come sempre, lì, al centro delle sue riflessioni più segrete.
<<Io>>, disse Laura. <<Ho sempre pensato che mi conoscevi troppo bene... cioè, che conoscevi i miei difetti segreti... perché ti potessi piacere a tal punto.>>
<<Ma tu mi piaci a tal punto>>, disse lui. <<Ti amo in ogni senso, Laura.>>
Lei aveva chinato la testa, ma anche senza riuscire a vederla in faccia Barn capì che stava piangendo.
<<Ehi, Castellano, dimmi la verità. Devo ammettere di aver perduto in questo momento la mia migliore amica?>>
Lei alzò gli occhi; le guance rigate di lacrime erano in contraddizione con il sorriso che l'illuminava.
<<E' quello che spero>>, mormorò. <<Perché ho sempre desiderato che tu potessi... capisci... amarmi come una donna.>> Fece una pausa e poi aggiunse: <<Nello stesso modo in cui ti amo io>>.
Barney si alzò in piedi. <<Sono sobrio, Castellano. Tu come ti senti?>>
<<Sono sobria. So quello che dico.>>
La conversazione non si prolungò. Barney le venne vicino e le prese una mano. E si avviarono lentamente verso l'altra stanza.
Quella notte terminò la loro amicizia platonica.

Da Dottori, pagg. 698-699, di Erich Segal

venerdì 23 maggio 2014

Cafè Littéraire in Boutique

Sugli animali è possibile scrivere d'arte?
...sui gatti?
...e se i gatti fossero arte?
(Mewmewlù)

Voglio divulgare arte, voglio che le parole più leggiadre e i pensieri più contorti si allarghino a macchia d'olio e condiscano la vita di chi le legge.
Voglio condividere, voglio mostrare, voglio che le rime ballino con le consonanti, voglio che i colori vangano fuori dal foglio e che ipnotizzino.
Voglio invitare a fare altrettanto, voglio coinvolgere e affascinare.
Cafè Littéraire nasce come un salotto, così come accadeva nel Settecento: il mio ha poltrone, divani e pouf morbidi nei colori pastello, tende bianche e trasparenti alle luminose finestre, tavolini bassi su tappeti perla, parquet caldo ad ospitare piedi nudi ed è invaso dello speziato profumo del cioccolato alla cannella.
Entrate! Accomodatevi! Prendete un biscotto e godetevi un po' di versi!
Per inaugurare questo angolino prezioso ho scelto Ode al gatto di Pablo Neruda. Un autore che non manca di regalare emozioni lasciando che queste scivolino sotto pelle, inebriando i sensi.
E' questo il sapore che voglio lasciare: quello dell'attesa che diviene conquista. Un profumo dolce e pungente che invade le quattro mura di casa quando prepariamo un capolavoro. Che si tratti di un dolce o di uno scritto, sono sicura che la sensazione che nasce in ognuno sia quella della condivisione. Io oggi condivido il mio morbido divano con la cara
Angela di Dolci in Boutique che, sedutami accanto, mi offre una fetta della sua Minny's Chocolate Pie. Una torta importante (vi consiglio di andare a leggere perché!): se non è poesia questa!


Gli animali furono imperfetti, lunghi di coda, plumbei di testa.
Piano piano si misero in ordine, divennero paesaggio, acquistarono in grazia, volo.
Il gatto, soltanto il gatto apparve completo e orgoglioso:
nacque completamente rifinito cammina solo e sa quello che vuole.

L'uomo vuol essere pesce e uccello,
il serpente vorrebbe avere le ali,
il cane è un leone spaesato,
l'ingegnere vuol essere poeta,
la mosca studia la rondine,
il poeta cerca di imitare la mosca,
ma il gatto
vuole esser solo gatto
dai baffi alla coda,
dal fiuto al topo vivo,
dalla notte fino ai suoi occhi d'oro.

Non c'è unità come la sua,
non hanno la luna o il fiore una tale coesione:
è una sola cosa come il sole o il topazio 
e l'elastica linea del suo corpo,
salda e sottile, è come
la linea della prua di una nave.
I suoi occhi gialli hanno lasciato una sola scanalatura
per gettarvi le monete della notte.

Oh piccolo Imperatore senz'orbe,
conquistatore senza patria,
minima tigre da salotto,
nuziale sultano del cielo delle tegole erotiche,
il vento dell'amore nell'aria aperta reclami
quando passi e posi quattro piedi delicati sul suolo,
fiutando,
diffidando
di ogni cosa terrestre,
perché tutto è immondo
per l'immacolato piede del gatto.

Oh fiera indipendente della casa,
arrogante vestigio della notte,
neghittoso, ginnastico ed estraneo,
profondissimo gatto,
poliziotto segreto delle stanze,
insegna di un irreperibile velluto,
probabilmente non c'è enigma nel tuo contegno,
forse non sei mistero,
tutti sanno di te ed appartieni
all'abitante meno misterioso,
forse tutti si credono padroni,
proprietari, parenti di gatti,
compagni, colleghi,
discepoli o amici
del proprio gatto.

Ode al Gatto di Pablo Neruda

sabato 17 maggio 2014

View Room


La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose.
-Henry Miller-

La capacità di andare oltre le apparenze, di valutare con estrema perspicacia ogni minima situazione. Con precisione chirurgica, il visionario sa di vedere qualcosa che agli altri è negato. Egli diverrà mezzo, si farà portavoce di un nuovo stile arguto, ardito, nuovo e scivolerà tra i grandi uomini, gli scienziati dell'intelletto, i precursori di una modernità non ancora pensata.
La View Room è per pochi eletti. Coloro che, consci del proprio talento, folli nella propria realtà, sanno di poter creare l'impossibile e donarlo al mondo. Ogni luogo ha differenti prospettive, purché si riesca a crearne ogni volta una nuova... tendendo all'infinito in ogni propria creazione.
Senza fermarsi, guardando lontano, oltrepassando il comune modo di pensare.

Passion Room


La passione fa spesso pazzi gli uomini più abili, e abili i più sciocchi.
-François de La Rochefoucauld-

Ardimento, passione, tempesta. L'implacabile fervore che non riesce a smettere di sgorgare dal nostro animo. Il fuoco dell'ispirazione brucia, intessendo trame ardite, ammaliando chiunque posi i propri occhi su di esso e asservendo allo spietato richiamo anche i più dubbiosi. Questa è la stanza della perdizione. Dove la paura è un ricordo, il potere è nelle mani delle menti aperte e pronte a testare ogni limite imposto.
La Passion Room si tinge di velluto vermiglio e accoglie affascinante i più forti e coraggiosi. La condivisione è una danza veloce e lenta, calma e sfiancante, soddisfacente eppure così frustrante; come lasciasse la bocca riarsa, vogliosa di averne ancora.
Sono pochi e riluttanti a mostrarsi, gli animi affini a tanta impudica estrema forma d'arte. Coloro che innalzano a bandiera i più primitivi istinti sono folli... oppure geni.

***  *  ***  *  ***

Spicy Room


Quando c’è un suono originale nel mondo, esso fa centinaia di echi.
-John A. Shedd- 


Imprevedibile, accattivante, gioioso. Il luogo dove l'inatteso è il sale che dà gusto al solito piatto mangiato troppo spesso. Il sapore spinto di un ingrediente non convenzionale. L'originalità che straborda e regala senso a tutto ciò che appare preimpostato e scivola via troppo pesantemente sui binari della conformità artistica.
Così come non è possibile entrare nelle grazie di chiunque, allo stesso modo non si può mutare la propria essenza per compiacere chi non apprezza la nostra verità. Come entrare in una stanza e accorgersi che tante e tali grottesche statue ornamentali sono lì a disturbare un ambiente altrimenti perfetto... eppure, se non ci fossero, quello stesso spazio apparirebbe anonimo.
Chi sceglie la Spicy Room ha voglia di stravolgere e regole, di gridare forte il proprio dissenso, di mostrare vivo agli altri il proprio punto di vista. Che ci si senta fuori luogo o diversi, in questa stanza si è solo padroni consapevoli della propria genuina autenticità.

Zen Room


Calma la mente, e l’anima parlerà.
-Ma Jaya Sati Bhagavati-

Tranquillità, accettazione, armonia. La mente è solo il tramite attraverso cui l'anima parla. Il silenzio aleggia, la luce è equilibrata, perfetta. I colori sono tenui, ma decisi, fieri del potere che la Natura possiede.
La stanza Zen accoglie colui che, con occhi aperti, vogliosi, è pronto a mettere da parte tutto ciò che è materiale per elevare il proprio spirito. La pacatezza appartiene al carattere forgiato sull'esperienza più caotica; la serenità, acquisita grazie ad un passato che ha messo dolorosamente alla prova, permette agli ospiti di questa stanza di concepire tale luogo come un prolungamento di se stessi. Che sia espressione di risolutezza. Che sia espressione di soluzione dei conflitti. Della vittoria sul dolore. Che l'arte usi le nostre mani, i pensieri, le emozioni come mezzo per esprimersi a tutto tondo.

sabato 10 maggio 2014

Shabby Chic Room


L'apparenza è il luogo dell'avere. Il suo essere è sempre invisibile.
-Roger Munier-

Poter scegliere di entrare in un luogo confortevole e rilassante. Spingere piano una vetrata trasparente incorniciata di legno chiaro e farsi spazio tra poltroncine e pouf. Negli occhi c'è predominanza di colori chiari: crema, avorio, perla. Una stanza che parla da sola in un silenzio ovattato. Tutto sembra esser messo lì a caso, tutto sembra non avere un senso. Anche il più piccolo oggetto è invece collocato con strategia. Il tutto a voler cogliere alla sprovvista l'accolto.
Scegliere la stanza Shabby Chic vuol dire mascherarsi porgendo al mondo l'immagine di sé forse più ambigua. Capirla vuol dire trovare la chiave di lettura nei piccoli dettagli lasciati ordinatamente all'interno di un contesto che par sciatto e invece brilla per audacia.

Minimal Room


La chiarezza è una giusta distribuzione di luce ed ombra.
-Johann Georg Hamann-

Determinazione e carisma. Caparbietà e sostanza. Sentir risuonare i tacchi su un pavimento accogliente eppure essenziale. Decidere che la realtà della propria vita è una scelta che si coltiva ogni giorno. Personalmente, senza compromessi. Rendere chiare le proprie intenzioni, pulite le conversazioni. Giuste, necessarie. Il color perla a definire contorni luminosi, tende di lino candide a ricordare che non è che la qualità del tessuto a vestire un ambiente e pochi elementi a sottintendere che basta una mente piena a riempire una sala. Chi sceglie la Minimal Room sa qual è la sua strada. Sa come vuole percorrerla e con chi. Conosce ogni dettaglio del percorso che sta intraprendendo e il punto nodale, lo scopo fondamentale è la meta.

Bohemian Room


La mente è una sola. La sua creatività va coltivata in tutte le direzioni.
-Gianni Rodari-

La libertà di dire, pensare, sorridere. Saltare da un argomento all'altro con semplicità, l'aria frizzante che accende la curiosità verso nuove letture. Entusiasmarsi per scoperte appena fatte, sentendo che non c'è modo migliore di crescere se non attraverso l'arte. La mente è aperta. E' questa la mia idea di Bohemian Room. Una stanza dalle mille possibilità, pronta ad accogliere chi ha voglia di condividere un'intuizione o un'idea, la conoscenza o un dubbio. Accomodarsi su quel divano vuol dire concedere se stesso alla curiosità altrui. Un dialogo aperto con se stessi e coloro che sono sempre pronti ad apprendere e ammettere di volerlo fare.

Vintage Room


La memoria. Sacca piena di cianfrusaglie che rotolano fuori per caso e finiscono col meravigliarti, come se non fossi stato tu a raccoglierle, a trasformarle in oggetti preziosi.
-Wo Ming-

Senza affanni e con una gran voglia di lasciarsi abbracciare e - letteralmente - cullare da morbidi cuscini e profumi inebrianti di peonie e rose, chi si accosta alla Vintage Room vuole perdersi nella memoria. La memoria di qualcosa che è "meravigliosamente stato" e ha forgiato ogni dettaglio del suo carattere. Rassicuranti colori pastello invogliano a varcare la soglia senza timori, riconoscendo se stessi in questo ambiente vivo. Ecco creato un momento sospeso nel tempo: nuove idee, nuovi dettagli, nuove sfumature vogliono intrecciarsi ad antichi sapori, pensieri filosofici primari e vecchie poesie scritte con inchiostro seppia su fogli color caramello. L'incontro d'intenti diviene sostanza. La sostanza diviene confronto. Chi ha l'animo vintage non dimentica e fa tesoro d'ogni prezioso frammento di vita.

Modern Room


Ed io mi domandai rispetto al presente, quanto vasto fosse, quanto profondo fosse, quanto fosse mio.
-Kurt Vonnegut-

Come aprire gli occhi all'improvviso dopo un lungo attimo di buio e lasciarsi inondare dalla luce. Immensa, pura, rotonda, calda luce. L'aria è leggera e per un attimo i piedi nudi toccano un pavimento fresco che li rigenera. In due passi ci si può accomodare sull'enorme divano colorato. Ci si stende, lo si assapora! E la luce è così forte che si può avvicinare il volto alla stoffa e riuscire a vederne le trame. Il cotone che si intreccia fine, i colori che si sposano insieme. La gioia che una miriade di sfumature assieme riesce a dare. Catapultato in un presente così tanto ben definito, sceglie questa stanza chi ha voglia di guardarsi allo specchio e contare l'ennesimo battito del proprio cuore nell'attimo stesso in cui accade. Qui, ora. Vivere il momento.
Questa è la mia idea di Modern Room. Una stanza in cui sarà facile incontrare chi non ha paura di confrontarsi, nella quale si potrà discutere come combattere, accettare e difendersi senza mai mentire a se stessi. La stanza della realtà. Del guardarsi negli occhi con accettazione perché non c'è nulla di più bello del presente che si sta vivendo.

Classic Room


D'altra parte, ogni epoca interroga il passato con la richiesta di una risposta utile al presente 
o in ogni caso consonante con lo spirito del tempo.
-Walter Barberis-

Il profumo del legno datato, i passi seppur decisi resi muti da tappeti amaranto e oro, un unico colore predominante in tutta la stanza, che sembra fatta di cioccolato fondente. Il silenzio aleggia, raggi di luce tagliano la penombra di questo ambiente caldo e zeppo di antichi scritti e opere piene di fascino e storia. Una stanza che vuole ospitare con eleganza e garbo chiunque voglia approcciarsi ad una lettura calma e profonda, forse alla ricerca di un'idea, forse alla ricerca di radici.
Il Caffè Letterario nasce in stanze come queste, in fondo! Se è vero che il passato guida tutti i nostri passi, è anche vero che da esso stesso dobbiamo attingere perché il futuro sia costruito su fondamenta solide. Ecco quindi la mia idea di Classic Room. La stanza nella quale ci si accomoderà lanciando un occhio sempre indietro e lasciando che l'ispirazione suggerisca la strada.

Rooms

Il paesaggio è verdeggiante e il Cafè ha preso forma in una grande villa coloniale color crema. I dettagli delle porte e degli infissi sono di un bianco cangiante, il quale a seconda della direzione dei raggi del sole regala sfumature avorio o perla. Un prato verde scuro si estende tutt'intorno all'edificio che è abbracciato a nord-est da un rigoglioso bosco. A sud-ovest si apre il mare più blu che si sia mai visto.
La mia porta d'ingresso preferita è la vetrata sul retro, quella che guarda l'oceano da una parte e il bosco dall'altra. Proprio da lì riesco a vedere tutte le stanze per gli incontri letterari. Tenendo le spalle al sole, entro decisa varcando la vetrata trovandomi in una grande sala rotonda che mi accoglie. Alla mia sinistra c'è la Classic Room. Lo so perché ho imparato a riconoscere le stanze dal legno, dagli intarsi e dal colore delle loro porte. Questa infatti è di mogano scuro, liscia e lucida, ha la cornice sagomata ad ospitare un vetro squadrato posto nella parte alta e centrale della stessa. La maniglia è dorata con un'impugnatura che "accoglie" il palmo della mano. Segue la Modern Room. La porta è in betulla chiaro spazzolato per i due terzi della sua lunghezza, la parte centrale ospita una striscia di vetro opaco. La maniglia è a pomello, dorata. La terza porta è in rovere sbiancato e a differenza delle prime due è ad arco e non ha vetri. E' una porta massiccia, che ha molto da raccontare: si apre sulla Vintage Room, infatti. Ha la maniglia argentata e a forma di onda.
La metà della stanza rotonda in cui mi trovo è superata. Davanti a me c'è un grande corridoio che in questo momento non ho intenzione di esplorare. Decido quindi di continuare il giro e vado avanti. Appena accanto al corridoio c'è una porta ricca di arzigogoli, sembra avere uno stile orientaleggiante: è in ciliegio con venature rossicce. Ha la forma di un arco, ma termina in alto con una punta. Al centro ospita una vetrata multi cromatica anch'essa a punta per seguire la cornice. La maniglia a forma di diamante è di vetro e porta direttamente alla Bohemian Room. La penultima porta è completamente in vetro trasparente, ma per un gioco di luci non si riesce a vedere l'interno: riflette sempre il sole! Non si capisce come faccia a reggersi, sembra eterea, posta lì senza alcun cardine. Non ha nemmeno la maniglia, l'unico modo per varcarne la soglia ed entrare nella Minimal Room è spingerla. L'ultima porta alla mia estrema destra è in larice bianco e ospita al centro due vetri trasparenti. Presenta il legno scrostato, ma credo sia una caratteristica voluta. Nella maniglia ci si può specchiare per quanto è lucida. E' una sfera d'argento, girando la quale si entra direttamente nella Shabby Chic Room.

***  *  ***  *  ***

A partire dalle 16.00 e fino alle 21.00 di oggi, verranno pubblicate - una ogni ora - le stanze di cui sopra... mi seguite ancora un po'? Poi giuro, ho finito!




NOTA: I nomi, i personaggi, i luoghi e gli eventi raccontati sono frutto della fantasia dell'autore, pertanto eventuali riferimenti a fatti e/o persone (laddove non specificato e se già in pertinenza richiesto agli interessati) è puramente casuale. Questo testo è di proprietà dell’autore ed è protetto dalla legge sul diritto d’autore n.633/1941 e successive modifiche. Come da disclaimer presente in "A piedi nudi nel Cafè Littéraire" ne è vietata ogni riproduzione, copia, pubblicazione o redistribuzione totale o parziale previa richiesta all'autore stesso.

venerdì 2 maggio 2014

Il Cafè


In attesa che le protagoniste della storia ci dicano com'è termineranno le loro avventure, vi lascio ciò che invece intendo io per "A piedi nudi nel Cafè Littéraire"!

Innanzitutto il Cafè Littéraire è un luogo.
Prima di esser pensato, prima di venir plasmato con idee, persone, frammenti letterari e partecipazione, è in tutto e per tutto un luogo in cui ci si incontra.
/in·cón·tro/: l'etimologia della parola incontro trae origine dal latino popolare incóntra, composto dal prefisso in- (rafforzativo) e da contra = contro, dirimpetto, di fronte. L'incontro, quindi, è letteralmente un "trovarsi di fronte a...".
L'incontro è un trovarsi di fronte a... qualcuno!
E' ovvio che io non riesca ad avervi davvero qui di fronte a me, ma è anche vero che attraverso questo mezzo e creando un luogo adatto io riesca a sentirmi comunque vicina alle persone che mi leggono. Da questo principio è nata l'esigenza di un posticino accogliente e contemporaneamente la voglia di regalare ad ogni mia (futura, ma anche passata) ospite la possibilità di scegliere in quale stanza si sente maggiormente a proprio agio. Quale Room - tra quelle che propongo loro - la rispecchia maggiormente aprendole la mente ed invogliandola alla condivisione!
Ecco programmato l'incontro di cui parlavo! Avere di fronte a me una donna che si senta libera di lasciare alle spalle la pesantezza quotidiana della vita e si prenda qualche minuto per esprimere se stessa senza condizionamenti. Nessuna donna è uguale ad un'altra ed avendone già conosciuta qualcuna con tratti di carattere davvero marcati, ho voluto suddividere il mio Cafè in più stanze così che l'ospite potesse accomodarsi in quella che più la rispecchi.
Quindi via le scarpe, restiamo a piedi nudi. Mettetevi comode e portatemi con voi!

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Vi aspetto fra qualche ora per l'ultimo incontro con sorpresa!